Cinquanta sfumature di grigio

Il fenomeno della smania erotica collettiva catalizzata dal grande schermo
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Il successo planetario del film di  Sam Taylor-Johnson, ha riportato in auge il fenomeno della smania erotica collettiva catalizzata dal grande schermo. Cose turche & perverse che non avvenivano dai tempi del classico Emmanuelle…

Si sono venute a creare nei cieli del cinema che con termine un po’ obsolescente potremmo definire erotico – e forse sarebbe meglio dire nella galassia della cultura erotica – ultimamente, alcune congiunzioni astrali di rilievo. Sono fatti del tutto indipendenti e slegati tra loro, geograficamente e culturalmente – aridaje – agli antipodi. Forse. Non so. La prima riguarda il successo planetario del film tratto dal primo dei romanzi di E.L. James, Erika Leonard all’anagrafe, Cinquanta sfumature di grigio, che dal giorno di San Valentino a quello di San Etelberto re – 24 febbraio al martirologio – ha portato a casa in Italia 14 milioni di euro. Se tanto mi da tanto, c’è da immaginare cosa abbia rastrellato nel resto del pianeta.

Di fronte a eventi del genere, passa del tutto in secondo piano, anzi finisce per eclissarsi nella fuga della prospettiva, l’oggetto, nobile o vile che sia, generatore di tanto denaro e interesse – l’ordine dei due termini lo scelga chi legge. Il quadro, insomma, è la sua cornice. Le 50 sfumature sono le nuances non comprese nelle esibizioni di Mr Grey e della morbida Anastasia che accetta di firmare un patto scellerato in cui si impegna ad accettare quel che il suo signore e padrone – sì, ma cum iudicio – vorrà da lei. Sono le performance live che in molti cinema del pianeta, gli spettatori hanno inscenato in omaggio e in corresponsione alle immagini che passavano sullo schermo. Questo è il corpo e il sangue offerto in sacrificio per voi, mangiatene e godetene tutti. E la gente ha goduto. Non si contano i casi di atti masturbatori pizzicati dalle maschere nel buio delle sale, gli avventori divisi a forza mentre compivano l’atto sessuale grande, individui armati di maschere, legacci, vibratori, dildo, tute in latex andati alle 50 sfumature come un pellegrino va al santuario del Divino amore o forse, meglio, a Lourdes. Le cronache, in particolare provenienti dalle sale cinematografiche di Albione dove le orge pare siano state le più selvagge, a leggerle fanno pensare che un enorme onda anomala di sessualità, uno tsunami gonfio di sangue e umori, siano franati contro i bastioni di quello che una volta si chiamava il comune senso del pudore. Abbattendo ogni barriera.

Tinto ha un bel dire che questo film gli fa schifo a prescindere e lo trova inutile, forse persino dannoso. I suoi, di film, hanno mai ecumenizzato in modo simile l’accensione erotica tra le masse, hanno mai fatto correre la libidine come adrenalina nelle vene del pubblico pagante? Se non si tratta di leggenda ma non credo, corre voce che in America alle casse di parecchi cinema si siano presentate famiglie al gran completo, dal figlioletto ai nonni. Il porno di massa alle Cinquanta sfumature di grigio gli fa una pippa. Ciò premesso, passo all’altro fenomeno celeste in quadratura. Questo sta avendo luogo In Italia ed è una questione abbastanza carbonara, lontana dalle folle e dalle manifestazioni eclatanti.

Si chiama Le ragazze del porno ed è difficile dire con parole semplici cosa sia. Lo è anche usando parole complicate. Il che rende la cosa molto stimolante, non ovvia, non perimetrabile con facilità. C’è un collettivo di donne, registe, giornaliste, scrittrici, blogger, performer hard eccetera eccetera, che in numero di dodici ha costituito anzi sta costituendo in maniera del tutto indipendente la possibilità di realizzare dei pornometraggi, corti che andranno poi a formare un lungo, nello stile dei film omnibus che sono tornati a prendere piede in giro per il mondo. Bisogna dare uno sguardo e una letta al loro sito internet www.leragazzedelporno.org non tanto per capire di più ma per afferrare l’aroma strano e inebriante che sprigiona da questa iniziativa. Gestita – va detto – con grande intelligenza tattica e con una strategia comunicativa molto raffinata. Quella che chi ha sempre fatto il porno maschile in Italia non ha mai posseduto. Queste però sono donne. Oltre alle gambe e alla passera, c’è di più.

Nella preview, visibile sul sito in oggetto, del primo dei cortometraggi realizzati, Insight di Lidia Ravviso, Slavina (“Il porno è politico. Il post-porno è rivoluzionario”: qualsiasi cosa voglia dire, va presa come oro colato) si masturba con morbida e calcolata furia distesa su un materassaccio. Un frammento di cielo piombato sulla Terra; che non è affatto poesia ma la traccia fenomenica di qualcosa che da questa carne, da questa forma, da questo sembiante, plotinianamente porta su, da quelle stesse parti da dove procede la frenesia che si è impossessata dei tanti che sono andati a vedere le Cinquanta sfumature di grigio. En to Pan, uno è il tutto, anche nell’erotismo, nella religione laica del sesso. Eppure le Cinquanta sfumature, non quelli che ne hanno preso parte, che ne hanno spezzato il pane e bevuto il sangue, ma quelli che ne hanno parlato, scritto, che lo hanno esegetizzato e sfrucugliato, lo hanno fatto apparire come un niente, una bazzecola, una puntura di spillo insignificante. Tanto è riuscito a creare, quanto sono riusciti a distruggerlo. Continuo ad avere il sospetto, che vale sempre in questi casi, più per paura che per meditata e consapevole opinione.

Ma diciamola anche noi, allora, una parola sulle Cinquanta sfumature di grigio, a questo punto. Che sta poco al di sotto delle due ore come durata e che, ciononostante, non arriva mai ad essere sedativo o narcolettico. Piuttosto, invece, ha spiccate proprietà organolettiche, cioè colpisce i sensi che vuole colpire, con una bella impaginazione e un gusto coloristico non dozzinale, alla faccia del titolo monocromatico. Di primo acchito, quando la stagistina Anastasia finisce nell’ufficio del plurimiliardario Mr. Grey per fare un favore a un’amica, intervistandolo al posto suo, e quando inciampa e cade nel nulla e poi si morde il labbro facendolo sanguinare, beh, si impadronisce di noi la sensazione di stare assistendo a un remake di Il diavolo veste Prada. Anche se, onestamente, tra Dakota Johnson – che sarà pure la figlia di Melanie Griffith e di Don Johnson – e Anne Hataway, non c’è di mezzo il mare ma l’Oceano. Però, però, la stagistina è quello che deve essere e nel momento in cui comincia a mettersi nuda ha – come si suol dire – il suo perché. Ha tettine metamorfiche che in piedi sembrano piccole ma poi, in orizzontale, acquistano una notevole protervia. Mr Grey ne resta ipnotizzato. Anastasia è vergine e quando lui la deliba per la prima volta, stile missionario, beninteso, non si può dire che la scena non abbia un certo gusto compositivo e che non trasmetta libidine.

Certo, poi si deve passare al patto SM, che non è affatto scellerato perché lei, ragionieristicamente, accetta, eccepisce, respinge , questo sì e questo no. I divaricatori anali e vaginali no, le manette sì, i godemichè no, gli strizza-capezzoli sì. Se avesse ancora un senso parlare di borghesia oggi, diremmo che Anastasia da brava borghesuccia cresciuta ai sani principi della medietà virtù, dà un corpo al cerchio e uno alla botte nella stipula di questo contratto. Frustini leggeri e scapaccioni sul culo passano, sono accettabili. Il frustino è –ino, appunto, diminutivo. Accettabile. Il problema arriva quando lei gli chiede, visto che lui è sempre triste e cupo e non si lascia toccare – Jamie Dornan ha l’aria sempre di uno al quale sia appena morto il gatto – di passare se gli fa piacere e se lo tira su, a qualcosa di più forte. E quando al culmine delle Cinquanta sfumature di grigio si arriva a quello che la O di Pauline Réage subiva come prodromo al dressage SM di René, Anastasia sotto le cinghiate piange di dolore e non più di piacere. E alla fine della sessione, prende la sua roba, saluta e se ne va… Alla prossima. Forse…