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The Artifice Girl

2022
REGIA:
Franklin Ritch
CAST:
Tatum Matthews (Cherry)
David Girard (Amos McCullough)
Lance Henriksen (Gareth)

Il nostro giudizio

The Artifice Girl è un film del 2022, diretto da Franklin Ritch.

Nel corso degli ultimi anni, di acqua e di intelligenza artificiale ne è passata parecchia sotto ai ponti. E allora perché, superata da poco la seconda decade del Ventunesimo secolo, siamo ancora qui a parlare di un film come The Artifice Girl? Beh, perché, strano ma vero, almeno per una volta qualcosa di veramente interessante sembrerebbe esserci ancora da dire. Non certo qualcosa di nuovo, sia chiaro, ma d’interessante certo che sì. Soprattutto in una caldissima e turbolenta epoca in cui, tra le incredibili performance di ChatGPT e le straordinarie velleità artistiche dei nuovi algoritmi di Image Generator, gli oscuri e distopici spettri di Black Mirror paino ormai allungarsi con sempre maggior forza sul sottile e instabile confine che divide la cara vecchia creatività umanità dalle nuove insidiose tecnologie più o meno senzienti. Lasciando tuttavia da parte i soliti robottoni assassini e gli strabusati compiuter malefici che tanto hanno intasato la sci-fi cine-televisiva degli ultimi cinquant’anni, con The Artifice Girl il buon Franklin Ritch ha scelto stavolta di giocare totalmente in sottrazione, imbastendo un racconto intimissimo e, nonostante il tema trattato, profondamente umano.

Una manciata di personaggi, quattro mura e tre capitoli che danno forma a una piccola epopea lunga oltre cinque decadi, iniziata in un non troppo improbabile futuro prossimo in cui gli agenti speciali Dena Helms (Sinda Nichols) e Amos McCullough (David Girard) si trovano alle prese con il giovane Garreth (Franklin Ritch), brillante tecnico informatico sospettato di essere un temibile tecno-adescatore di bambini ma in realtà ideatore di una rivoluzionaria A.I. incredibilmente responsiva e foto realistica denominata “Cherry” (Tatum Matthews), utilizzata come esca per stanare proprio gli zozzi pedofili da tastiera. Un simulacro digitale dalle perenne sembianze di bambina che, nonostante le illimitate risorse a propria disposizione e una capacità di apprendimento tale da condurla a sperimentare emozioni sempre più inquietantemente umane, preso atto della propria natura di “strumento” al servizio di uno scopo più grande sceglierà tuttavia di non cedere alle psicotiche e gelosissime manie distruttive di una M3GAN o all’adolescenziale sete d’indipendenza di una Morgan, quanto piuttosto di accompagnare i suoi padroni (e amici) homo sapiens attraverso decenni di trasformazioni sociali, drammi personali e inevitabili dilemmi morali, il tutto senza mai varcare la porta di una sala da interrogatori, di un laboratorio di ricerca o di un accogliente appartamento.

È infatti un kammerspiel fantascientifico dal forte sapore intimista quello dipinto da Ritch con questo suo acuto e delicatissimo The Artifice Girl. Molto più vicino alla dolente e raccolta dimensione di un tecno-dramma familiare come Marjorie Prime o all’esistenzialismo di una moderna fiaba robotica in odor di Asimov come After Yang piuttosto che ai risaputi e distruttivi patemi d’animo della distopica progenie di Ex Machina. Un progetto piccolo ma straordinariamente ambizioso, disposto a sollevare quelle stesse spinosissime questioni che da tempo sembrano non far più dormire sonni tranquilli a gente come Elon Musk e Geoffrey Hinton, legate ai concetti di identità e libero arbitrio che vedono quegli stessi artefatti, ad oggi ancora solo embrionali, pronti a raggiungere a tempo record la piena e completa forma adulta. Poca ma gustosa carne al fuoco, insomma. Cucinata con semplice e lucido mestiere, senza inutile profluvio di spezie né baroccheggianti contorni a rovinare un piatto che, almeno per il momento, nemmeno il più avanzato robot da cucina sarebbe in grado di servire. Almeno non senza il giusto upgrade