Featured Image

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri

2023
REGIA:
Jonathan Goldstein, John Francis Daley
CAST:
Chris Pine (Edgin)
Michelle Rodriguez (Holga)
Regé-Jean Page (Xenk)

Il nostro giudizio

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è un film del 2023, diretto da Jonathan Goldstein e John Francis Daley

Che poi in fondo era facile. Bastava soffermarsi un attimo a ragionare. Lo dice il nome: “Role-Playing Game”, gioco di ruolo. Prima dell’ammazzare mostri, dell’esplorare dongioni – sì, esiste il termine ”dongione” anche in italiano – del raccogliere tesori, c’è questo. Creare un personaggio e dargli vita in maniera coerente e fedele al suo orientamento, al suo background, alla sua storia, facendolo interagire e parlare in maniera consistente considerando quello che lui sa, e non quello che sapete voi. Chiaro che si tratta di un lavoro di interpretazione ma anche di scrittura, in equilibrio tra master e giocatore perché la campagna risulti fluida e divertente. C’è chi si fissa con le regole, chi gode solo dell’avanzamento del personaggio ma recitare e raccontare è e resta la principale fonte di divertimento e il senso ultimo di giocare di ruolo, e in particolare a Dungeons & Dragons. Alcuni master – per i non addetti: il master colui che ‘dirige’ il gioco –  ci vedono lungo e assegnano ai giocatori punti esperienza per come hanno agito e per quanto sono stati fedeli al personaggio, anche se non hanno ammazzato un solo mostro e intascato una sola moneta d’oro. 

Così i character diventano vivi e tridimensionali, intrecciando relazioni politiche o sentimentali tra di loro o con i personaggi non giocanti, e il recitare/raccontare viene prima di tutto, perfino della vittoria. Se si interpreta un personaggio che ha un valore minimo di intelligenza, ad esempio, è giusto fargli compiere azioni stupide, anche se questo non avvantaggia lui né il gruppo. Grandi incazzature, certo, ma anche grandi risate. E non a caso molti apprezzati scrittori moderni – valga su tutti il caso di Roberto Recchioni, curatore attuale di Dylan Dog – hanno nel loro carnet esperienziale lunghe sessioni di role-playing che, si mormora, insegnino più di mille corsi di scrittura creativa.  Ecco, il punto era questo: per quanto il cinema sia il media, insieme al teatro, dove la recitazione dovrebbe contare di più (assieme alla regia, che possiamo paragonare appunto al mastering), nessun precedente film dedicato al franchise aveva mai puntato sulla recitazione e la costruzione dei personaggi, cosa che invece questo fa, e sono già cento punti. Gli altri, invece, puntavano alla spettacolarità e basta, per lo più scimmiottando male Il signore degli Anelli di Peter Jackson. Il bello qui è che non si tratta delle solite “sagomine” mago/guerriero/nano/elfo/chierico ma di gente con una storia e un trascorso, ben costruito per ciascuno in una struttura complessa e corale, pure con delle punte di originalità. Di solito i protagonisti in questo genere di film sono guerrieri o paladini, qui abbiamo un ladro/menestrello, più furbo che potente, e non è cosa comune. 

La guerriera barbara – una Michelle Rodriguez così informa che verrebbe voglia di vederla menarsi col Mandaloriano di Pedro Pascal nei panni di una nuova Cara Dune – invece è la spalla.  L’elemento esotico è rappresentato da un druido femmina di razza Tiefling, non proprio un’opzione“pulita” visto che da manuale è un incrocio tra umano e demone, invece del solito Halfling o Hobbit che dir si voglia, insomma, il film fa le sue scelte. Compresa quella dei toni, che sono per lo più scanzonati, ma non sullo stile “partita che va in vacca” (lì saremmo più dalle parti di Willow-La serie) quanto piuttosto su “partita brillante”, comunque sempre seguendo una certa coerenza. Ci sta, assolutamente. Perché Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri rappresenta soprattutto un’ambientazione dove si può inserire ciò che si vuole: storie tragiche, storie comiche, personaggi seri e grotteschi, purché siano ben scritto e ben recitati, ovvero, coerenti con l’unica fonte che richiede coerenza in questo contesto: sé stessi. E la pellicola lo coglie. Così come coglie – ma questo era scontato – lo spirito di gruppo, il “party”, che non a caso ha il doppio significato di squadra e di festa, perché è proprio giocando insieme che ci si diverte di più.