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House of Dragon

2022
CAST:
Paddy Considine (Viserys I Targaryen)
Matt Smith (Daemon Targaryen)
Emma D'Arcy (Rhaenyra Targaryen)

Il nostro giudizio

House of the Dragon è una serie tv del 2022, ideata da Ryan Condal e George R. R. Martin.

L’universo narrativo di Game of Thrones espande i propri confini con una serie prequel, incentrata su una delle famiglie più interessanti dei Sette regni, il ceppo dei Targaryen raccontato all’apice del proprio potere, con una dozzina di draghi sotto il proprio giogo e il sedere saldamente posizionato nel pur scomodo trono di spade. Ambientata due secoli precedenti l’ascesa di Daenerys, spina dorsale della serie madre, la prima stagione di House of Dragon è incentrata sul regno di Viserys il pacifico (Paddy Considine), ossessionato dal bisogno di procreare un erede maschio, poiché la tradizione lo richiede e la morte lo sta lentamente circondando sotto le spoglie del tetano provocato dalle ferite infertegli dal trono. All’ennesimo tentativo fallito, con annessa morte della moglie per parto, Viserys si rassegna a proclamare la primogenita Rhaenyra (Milly Alcock) come legittima succeditrice della corona, scatenando le ire dell’ambizioso e violento fratello Daemon (Matt Smith), con cui Rhaenyra ha una relazione incestuosa, e provocando la classica costellazione di intrighi e sotterfugi, tessuti dal primo cavaliere Otto Hightower (Rhys Ifans) che spinge la figlia Alicent (Olivia Cooke) a sposare Viserys, dandogli dei figli maschi che possano ambire al trono.

Dopo l’insoddisfazione sul finale di Game of Thrones da parte dei fans, malcontento in realtà iniziato già dalla quinta stagione, da quando il materiale letterario di George R. Martin si era fermato e gli autori dovevano andare in autonomia, non era scontato poter ritrovare lo spirito originario del fantasy della HBO che, almeno nelle prime stagioni, era riuscito a scardinare il genere facendosi amare dal pubblico di tutto il mondo. House of Dragon, va detto, parte nuovamente da una base solida, sempre farina del sacco di Martin, che aveva raccontato in un volume extra la storia dei Targaryen in forma di romanzo storico. Ma ciò che sulla carta aveva funzionato solo in parte, sullo schermo ritorna a splendere in una stagione che riesce a riproporre quasi tutti i pregi della serie madre: abbandonate le battaglie campali delle ultime stagioni, il focus si mantiene sugli intrighi politici, a questo giro facilitati dalla semplicità della linea narrativa, priva delle decine di sottotrame che in fasi alterne ancoravano a terra la narrazione di Game of Thrones. Anche qui il ruolo della donna è ambiguo: quasi sempre detentrice, almeno nominalmente, del potere e comunque relegata a essere incubatrice di eredi o pedina dello scacchiere politico. Le due più grandi antagoniste, Rhaenyra e Alicent, rendono appassionante lo svolgersi degli eventi per la loro capacità di essere credibili in entrambi i ruoli ed è difficile poterle collocare alla lavagna sotto la voce dei buoni o dei cattivi. Allo stesso tempo uno dei personaggi che ha riscosso più successo è il violentissimo Daemon di Matt Smith, capace di uccidere senza battere ciglio o di spingere la nipote all’incesto e di giungere alla fine della corsa in una posizione di forte simpatia da parte dello spettatore.

L’impostazione teatrale della storia, con molti episodi fatti esclusivamente di dialoghi e scene in interni, non è da considerarsi una critica negativa, poiché l’intreccio, grazie alla scrittura e all’interpretazione dei personaggi e ai numerosi colpi di scena, rimane sempre vivo e interessante nonostante i numerosi e generosi salti temporali da un episodio all’altro per avanzare nelle generazioni. I punti deboli spuntano fuori quando invece si ricorre, occasionalmente, alla spettacolarità, con i draghi che hanno un ruolo attivo, determinante, all’interno della narrazione e che però la scarsa resa degli effetti visivi depotenzia, facendo uscire lo spettatore dalla storia. La mancanza più grave è però nell’appartenenza a un universo narrativo, come quello di Game of Thrones, che aveva fatto del rovesciamento dello stereotipo fantasy il proprio cavallo di battaglia: al di là della presenza di personaggi sfaccettati difficili da classificare secondo le classiche categorie della narrativa fantastica, House of Dragon deficita di sorprese, di quei colpi di frusta inaspettati che venivano inferti a bruciapelo. Una pecca che a giudicare dal finale potrà essere ribaltata già dalla seconda stagione.