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Dampyr

2022
REGIA:
Riccardo Chemello
CAST:
Wade Briggs (Harlan Draka)
Stuart Martin (Emil Kurjak)
Frida Gustavsson (Tesla Dubcek)

Il nostro giudizio

Dampyr è un film del 2022, opera prima diretta da Riccardo Chemello.

Finalmente abbiamo il nostro universo cinematico, con la Bonelli che cala la prima carta, ovvero l’adattamento del suo Dampyr, il figlio del diavolo, creato da Mauro Boselli e Maurizio Colombo nell’ormai lontano 2000. Sebbene ci fossero altri personaggi certamente più iconici nel parco personaggi della casa editrice di via Buonarroti (Dylan Dog, Martin Mystere, Mister No e Zagor, Tex fu purtroppo un flop nel 1985), è comunque comprensibile la scelta di Harlan Draka, per l’appeal che la storia del cacciatore di vampiri dal sanguemisto può avere a livello trans-generazionale, a prescindere dall’eventuale fidelizzazione al fumetto. Inutile dire che il mito del vampiro ha sempre una marcia in più, cinematograficamente parlando, soprattutto tra i più giovani. Nei Balcani del 1992 martoriati dalla guerra civile, Harlan Draka, accompagnato dal giovane Yuri, gira per i villaggi spacciandosi per un Dampyr, ovvero figlio di un vampiro e di una donna umana, capace di percepire il male e uccidere i vampiri, e facendosi pagare i suoi servigi in cibo e danaro. Scoprirà ben presto che le oscure leggende slave su cui specula sono ben più reali di quanto immaginava, nel momento in cui viene prelevato dalla pattuglia di Emil Kurjak, il cui contingente, insediatosi in un villaggio abbandonato, è stato attaccato e decimato da alcuni vampiri. Sarà l’occasione per Harlan di scoprire, non solo che i vampiri esistono, ma anche il suo retaggio di sangue.

Abbiamo subito apprezzato la fedeltà dell’adattamento dello stesso Boselli, in collaborazione con Giovanni Masi, Alberto Ostini e Mauro Uzzeo, sia all’iconografia originale del fumetto, sia all’ambientazione. Si è scelto saggiamente di rispettare i luoghi e l’epoca di Dampyr, ovvero quei Balcani insanguinati dalla feroce guerra civile degli anni ’90 che facevano da ideale specchio alle crude imprese degli spietati succhiasangue. Sono proprio le location e la fotografia alcuni dei punti forti di Dampyr, che donano al film quelle qualità fangose, livide e disperate, che erano suscitate dalle tavole disegnate. L’intuizione di Boselli e Colombo di sfruttare il grande bacino di leggende slave riguardanti vampiri, ritornanti e vurdalak (Mario Bava docet) per un fumetto d’orrore popolare, funziona dunque anche al cinema, nel momento in cui ne vengono rispettate le coordinate estetiche e spaziotemporali. I tre protagonisti, che comprendono oltre Draka e Kurjak, anche Tesla, la bella vampira redenta, sono perfettamente calati, anche fisicamente, nei personaggi: a cominciare da Stuart Martin nei panni del rude combattente slavo dalla perenne sigaretta in bocca (efficacemente e forse volutamente doppiato dal Fabrizio Pucci di Wolverine) e Frida Gustavsson nel ruolo della affascinante, ma non meno tormentata, succhiasangue, fino a Wade Briggs che, anche se non ricorda il Ralph Fiennes di Strange Days a cui si ispirarono Colombo e Boselli, funziona egregiamente.

Il film di Riccardo Chemello riprende tra l’altro la rappresentazione del vampiro presente negli albi della Bonelli: munito di lunghi artigli, che utilizza come armi oltre alle zanne, velocissimo e animalesco. Ciò che invece ha lasciato perplessi è il livello basso di alcuni effetti visivi digitali, evidentemente realizzati in economia nonostante il budget di 15 milioni, come le energie rosse promananti dai Maestri della notte e il primo proiettile, intriso di sangue di Dampyr (acido per i vampiri), sparato da Kurjak: una sorta di Bullet-time fatto male e fuori tempo massimo. Per il resto a livello visivo il film è molto curato, sebbene risponda ad un’estetica vintage, in linea però con la fonte da cui è tratto. Un vampire-movie decisamente godibile che costituisce il primo tassello di un universo cinematico finalmente made in Italy.