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The Baby

2022
REGIA:
Faraz Shariat, Stacey Gregg, Ella Jones, Nicole Kassell
CAST:
Michelle de Swarte (Natasha Willams)
Amira Ghazalla (Mrs. Eaves)
Amber Grappy (Bobbi Willams)

Il nostro giudizio

The Baby è una serie tv del 2022, ideata da Lucy Gaymer e Siân Robins-Grace.

Venerdì 17 giugno ha debuttato su Sky Atlantic The Baby, la miniserie anglo-statunitense prodotta da Sky e HBO, creata da Lucy Gaymer e Siân Robins-Grace. Protagonista dello show è la trentottenne Natasha Williams (Michelle De Swarte), unica nel suo gruppo di amiche a non avere figli. Natasha è una donna cinica e priva di istinto materno, lontana anni luce dal mondo fatto di biberon e poppate, fino a quando Cosmo decide per lei: durante una vacanza non ha altra scelta che accogliere tra le sue braccia un neonato, caduto letteralmente dal cielo, che presto si rivelerà essere una minaccia per la stessa vita di Natasha e per quella delle persone a lei vicine.  Costretta a trovare una soluzione, Natasha si ricongiungerà con sua sorella Bobbi e inizierà a collaborare con la misteriosa signora Eaves che pare sapere più di quanto non dica. Cosa ci aveva promesso il trailer? Un connubio fra commedia e dramma, tra orrore e ironia, condotto dai grugniti di un Mefistofele in fasce, figlio del male, irrazionale minaccia per il mondo. Tuttavia The Baby è anche la messa al bando dei tabù che ruotano attorno al tema della genitorialità, dalla quale, soprattutto per quanto riguarda la maternità, ci si affranca con estrema difficoltà per non trasgredire il platonico patto collettivo a cui aderiamo per essere riconosciuti socialmente. Tra lallazioni e macabri ghigni il bambino conduce il gioco e la vita di Natasha attraverso una sinistra manipolazione psicofisica che condurrà la donna a un passo dal baratro fino a quando, di fronte alla scelta da compiere fra la sua vita e quella di baby-Lucifero, si persuade che l’amore, solo l’amore, può salvare l’anima del bambino. Annientandosi totalmente e vivendo solo per lui, comincia col simulare farisaiche gioie che non sono neppure lontanamente equiparabili ai sacrifici da compiere.

Per questa ragione The Baby cessa di essere la storia di Natasha e baby-Lucifero e diventa quella di ogni rapporto madre-figlio, delle loro incomprensioni, della loro incapacità di comunicare e delle ripercussioni, freudianamente intese, sulle loro vite future. Come se la vita dei figli non fosse altro che la proiezione degli errori delle loro madri. A metà strada tra il tragicomico e il grottesco, The Baby, si disvela: più che un divertente riesame di una tipologia di horror movie sulla genesi del male è un’allegoria della maternità, più affine ad una commedia nera che ad un thriller. E, del resto, cos’è l’horror se non una messa in onda delle nostre più recondite paure? E cos’è The Baby se non la trasfigurazione cinematografica della responsabilità di essere madri? E, aldilà della propaganda istituzionale sulla gioia di donare la vita, sui gaudiosi sorrisi dei bambini, cos’è la maternità se non la dolorosa missione, non sempre scelta ma a volte commissionata o obbligata, di vivere perennemente nel terrore di fallire? Tutto, in The Baby, si risolve in una cinica metafora sulla maternità: perché – chiediamocelo senza censura! –  cos’è l’esistenza di una donna durante i primi tre anni di vita di un figlio? È abnegazione, rinuncia al sonno, all’indipendenza, rinuncia alla dignità di andare in giro con abiti puliti e al decoro di non sentirsi una mucca ambulante che si trascina con i kleenex nelle coppe del reggiseno per contenere le perdite di latte. A tutto ciò, grazie a Freud, si aggiunge la consapevolezza che ogni sua azione possa un giorno essere la causa delle ore di terapia che la sua prole condividerà con uno psicanalista.

Il messaggio inviato da questa serie tv è essenziale, ed è rivolto alle madri del 2022: saltare la recita di un figlio perché avete un meeting di lavoro, perché preferite partecipare ad un concerto o, semplicemente, perché non vi va, non fa di voi dei mostri e di sicuro non farà di lui Charles Manson, continuerà semplicemente ad essere, come lo siamo stati tutti, un parassita, prosciugatore di energie, conti bancari e relazioni sociali. Per questo la maternità è e deve essere una scelta consapevole e non l’adesione ad un regime istituzionale. Tornando allo show in se, ciò che realmente non convince, aldilà del messaggio, è la trasparenza di ciò che vuole figurare in quanto prodotto cinematografico. Promette di terrorizzare, inizia divertendo, continua assopendosi, lascia pensare ad una denuncia, ma si conclude attraverso una palingenesi, non troppo credibile, di Natasha, portavoce della stessa denuncia. Grande assente, come sempre, indipendentemente dalle coordinate spazio-temporali, oltre a un black humor sufficientemente accattivante, è la figura maschile. Abilmente la serie raffigura le responsabilità dei padri nei confronti della prole che, ancora una volta, si sono estinte nel momento in cui la coppia di cromosomi XX ha matchato con i cromosomi XY.