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Suspicion

2022
REGIA:
Chris Long
CAST:
Kunal Nayyar (Aadesh Chopra)
Georgina Campbell (Natalie Thompson)
Elyes Gabel (Sean Tilson)

Il nostro giudizio

Suspicion è una serie tv del 2022, creata da Rob Williams.

Una cosa bisogna concederla al più debole (come pubblico, almeno finora) dei servizi streaming del momento: volendo contare solamente sulla forza delle proprie produzioni originali, AppleTV+ sta costruendo a passi di lumaca un catalogo in qui la qualità, altissima, sopperisce abbondantemente alla quantità, invertendo la tendenza della concorrenza (in particolare Netflix) nel puntare più a saturare il catalogo che a creare contenuti consistenti. Apple ha dalla sua la pazienza dei colossi, con la capacità di poter investire ingenti somme di denaro per reclutare i migliori autori e attori sulla piazza. Non fa eccezione la nuova serie thriller Suspicion, a monte della quale c’è la serie israeliana False Flag, a sua volta ispirata all’omicidio di un rappresentante di Hamas a Dubai nel 2010. Dal prototipo mediorientale si ricava, però, unicamente la struttura per ricamarci sopra un thriller complottistico ambientato ai giorni nostri e piazzando nei ruoli chiave un cast stellare in cui spicca sicuramente la presenza di Uma Thurman, nei panni di Katherine Newman, CEO di una multinazionale, il cui figlio viene sequestrato in un corridoio di un hotel di New York da una banda mascherata come i componenti della famiglia reale inglese.

Le indagini sul sequestro si spostano velocemente a Londra, dove alcune persone vengono sospettate di aver partecipato all’azione criminosa: l’esperta di finanze Natalie (la vincitrice di un Bafta TV Award Georgina Campbell) che viene arrestata, in abito da sposa, proprio prima di raggiungere l’altare; il programmatore Aadesh Kapoor (Kunal Nayyar, che tutti conoscono per la serie The Big Bang Theory); la docente universitaria Tara (Elizabeth Henstridge, volto noto per i fan della serie Agents of S.H.I.E.L.D.), lo studente Eddie (Tom Rhys Harries) e Sean, un sicario di professione che sta sfuggendo abilmente alla caccia della polizia. I sospetti tra loro non si conoscono, ma stranamente sono stati tutti nello stesso punto e nello stesso momento a New York. Coincidenza o un piano più complesso del solito? A complicare le cose ci pensa la copertura mediatica all’evento, accentuata dai continui interventi sugli schermi di tutto il mondo in cui si chiede alla Newman di confessare tutta la verità (con tanto di diffusione virale dell’hashtag #TellTheTruth) per avere indietro il proprio figlio.

Proprio da quest’ultimo punto viene fuori l’asse portante della serie, che seppur dia molto spazio alle dinamiche tra i vari personaggi, giocando molto sulla presunta innocenza, fornisce uno sguardo illuminante sull’invasività dei nuovi media e sul tema della videosorveglianza. La storia è piena di fonti video: che siano immagini virali, come quelli del sequestro del ragazzo che da drammatiche si trasformano in meme, oppure quelle della videosorveglianza, presente ovunque nella città di Londra e che permette con facilità di poter seguire qualunque indiziato. Ci viene sbattuta in faccia l’immagine di una società in cui il clima di sospetto, ora più che mai, ha dalla sua una serie di infrastrutture, che siano governative o alla portata di tutti come i social media, dalla portata mondiale. Verso il finale si respira infatti un clima di ribellione sociale, tra l’altro per un tema che non interessa a nessuno come quello della verità della Newman, che esplode per le strade e inonda i maxischermi delle grandi città così come i più modesti monitor degli smartphone. È quindi il contesto, distopico eppure attuale, di queste città orwelliane a funzionare e a colpire nell’immaginario più che la risoluzione della storia, che si sgonfia in prevedibili doppi giochi e colpi di scena disonesti, e gli archi narrativi dei singoli personaggi che verso il finale agiscono in maniera sempre più illogica.