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Feria – La luce più oscura

2022
Titolo Originale:
Feria: la luz más oscura
REGIA:
Jorge Dorado, Carles Torrens
CAST:
Carla Campra (Sofía)
Ana Tomeno (Eva)
Isak Férriz (Guillén)

Il nostro giudizio

Feria – La luce più oscura è una serie tv del 2022, ideata da  Agustín Martínez e Carlos Montero.

Netflix si rivela sempre di più un terreno fertile per il genere horror, soprattutto per quanto riguarda la serialità. Questa volta attinge alla professionalità della Filmax, storica casa di produzione e distribuzione spagnola che, dopo i fasti a cavallo dei Duemila, era sparita negli ultimi anni dai radar dei prodotti più chiacchierati. Il suo ritorno però è degno di nota, perché Feria – La luce più oscura è uno dei suoi risultati più riusciti che sembra dare seguito a quel filone lovecraftiano che aveva perseguito nella sua prima fase – e un omaggio alle origini è la sequenza di Society che fa capolino nel televisore di una protagonista, in ricordo del compagno di avventure Brian Yuzna. Gli autori Agustìn Martìnez e Carlos Montero hanno una lunga esperienza in televisione e quest’ultimo è famoso per essere il creatore della serie Elite, altra hit del colosso dello streaming, ma Feria è stato per entrambi qualcosa di completamente nuovo. Siamo a metà degli anni Novanta in un piccolo villaggio dell’Andalusia, Feria, dove la classica monotonia della vita da paesino viene improvvisamente spezzata dal ritrovamento di un lago di sangue nei pressi di una miniera: 23 persone, appartenenti a un misterioso culto, sono morte e i responsabili dell’accaduto sembrano spariti nel nulla. Le figlie di quest’ultimi, Eva e Sofia, inconsapevoli di cosa stesse succedendo all’interno della propria famiglia, subiscono la pressione di un intero paese desideroso di giustizia e, contemporaneamente, rimangono invischiate nella tela intessuta dalla setta che vuole terminare un terribile percorso iniziato vent’anni prima e che coinvolge delle divinità provenienti da un’altra dimensione.

Collocato tra le atmosfere nostalgiche degli anni Novanta, di cui la VHS veste i panni del feticismo per eccellenza, e lo sguardo storico agli anni Settanta e alla fine liberatoria dell’era franchista, in cui un orrore sembra cedere lo scettro ad un altro (“morto Franco, non cambierà nulla”), Feria si rivela un lugubre viaggio di formazione all’interno della morte dell’innocenza, dove la scoperta dei segreti dei padri e, soprattutto, delle madri (qui il corpo femminile è letteralmente l’involucro in cui il male si nasconde) si ripercuote sulle generazioni future. La comunità, la religione e le sue trappole, i conflitti generazionali interagiscono nel racconto in maniera efficace svelando curiosamente più di un parallelo con Midnight Mass di Flanagan. Ma soprattutto, e qui si vede la longa manus della Filmax, che sa cosa vuole davvero il pubblico dell’horror, al centro della storia c’è il terrore senza via di uscita e senza compromessi: pur in un contesto rarefatto, lento e paranoico, non si fanno mancare inserti splatter e una buona dose di nudità anche morbose che controbilanciano una gestione poco accorta degli (scarsi) effetti visivi, con il mostro svelato fin troppo presto e, per questo, poco efficace. Pur tra gli inevitabili alti e bassi, la serie si mantiene su livelli di tensioni molto alti fino al bellissimo e inaspettato finale che, a meno di colpi di coda pindarici per tirare su una seconda stagione, chiude egregiamente la vicenda lasciando immaginare, nella migliore tradizione lovecraftiana, orrori indicibili e difficile da rappresentare. La regia degli episodi è curata da Jorge Dorado e Carles Torrens, regista noto ai fan del genere per l’angosciante Pet e un episodio dell’antologia ABCs of Death 2.5.