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Come True

2020
REGIA:
Anthony Scott Burns
CAST:
Landon Liboiron (Jeremy)
Julia Sarah Stone (Sarah)
Chantal Perron (Erin)

Il nostro giudizio

Come True è un film de 2020, diretto da  Anthony Scott Burns.

Che Come True riesca ad essere qualcosa di parzialmente originale rifacendosi ad alcuni degli ingredienti più abusati dell’horror moderno, qualcosa vorrà dire. Nel caso del film canadese non ha neanche molto senso parlare di archetipi narrativi, quanto di un lavoro di assemblaggio a partire da materiali preesistenti che, in altri e più accomodanti tempi, si sarebbe definito postmodernista. Quell’approccio culturale è stato assorbito e digerito da un pezzo, ma la ricontestualizzazione sfacciata di intuizioni altrui continua a lasciare interdetti – ancor di più se ostentata senza neanche il tana-libera-tutti ideologico dell’ironia (che nel caso dell’orripilante, parodistico controfinale shymalaniano avrebbe aiutato). Da tempo nel cinema di genere la dipendenza dal passato sembra un prendere o lasciare, una scelta neanche ragionata, laddove il vecchio “meta” degli anni ’90 si fregiava proprio di questa consapevolezza intellettuale. Ma Come True dimostra anche come, sebbene tutto nella sua struttura rimandi a qualcos’altro, sia comunque possibile estrarre dalla somma un surplus di novità. Il film del regista, videomaker e fx artist Anthony Scott Burns prende dunque le mosse da quella rigogliosa corrente horror che, semplificando al massimo, potrebbe definirsi “onirica”: una forma di racconto visivo centrato sui sogni deliranti di protagonisti disturbati – spesso pretesto per liberare le messe in scena più fantasiose dagli obblighi del plot e della verosimiglianza.

Sono dunque tali visioni a fare da collante all’esperienza del film: sogni, impressioni, lampi che infestano il subconscio di Sarah (Julia Sarah Stone). Ragazzina problematica di tanta tradizione indie americana, perseguitata dall’insonnia e da non troppo specificati traumi familiari, si agita nottetempo per prati e parchi pubblici cercando la serenità necessaria a chiudere gli occhi per qualche minuto. Entrerà in contatto con un misterioso gruppo di ricerca dai toni gibsoniani: il team guidato dal Dr Meyer, in grado, grazie ad una nuova tecnologia di neuroimaging, di materializzare graficamente i sogni dei propri pazienti. Un trattamento atto a scandagliare gli strati abissali del subconscio, e forse a svelare presenze vive annidate nel profondo della fase REM. Se i riferimenti letterari di Burns, da King a Dick, hanno il lusso di vedersi citati esplicitamente dallo script, quelli cinematografici si muovono sottotraccia. Alla base, Come True rappresenta essenzialmente un aggiornamento da ventunesimo secolo del mito di Freddy Kruger: entità oscure e misteriose in agguato tra i sogni dell’anedonica gioventù yankee. L’eredità di Elm Street è però declinata da Burns secondo le più contemporanee ossessioni cyber-memetiche: è un Nightmare millennial, anzi zoomer, intriso di verniciate new age e galleggiante in un limbo narcotico tra fantascienza e passatismo dai toni vagamente vaporwave.

Questa tendenza dell’horror moderno di ricondurre a sé anche la cultura esplosa dei nuovi media digitali, al fianco dei classici modelli filmici e letterari, è forse l’aggiornamento più fresco del vecchio concetto di postmodernismo applicato alle arti figurative. Il patchwork di Burns mischia con una certa cura lo slasher classico alle microculture forumistiche (viene in mente il creepypasta Have You Seen This Man?, che in molti ricorderanno con la nostalgia benevola che oggi riserviamo al vecchio internet 1.0) – fino ad includere, in maniera totalmente pretestuosa, un aggancio al superficialissimo revival junghiano inaugurato forse da quell’altra cima di Jordan Peterson. La complessità infinita della teoria degli archetipi rispunta nel film come pura suggestione visuale, ispirata probabilmente da qualche vagabondaggio notturno tra Reddit e i suggerimenti di Wikipedia; meme, arte e psicanalisi, ogni cosa è equivalente e quindi funzionale alla costruzione di un loreDalle luci alle interpretazioni catatoniche, dall’uso dell’ellissi narrativa fino all’ovvia e ormai stancante estetica post-refniana, Come True è perfettamente inserito nei canoni della ghost story. Ma è un film che parte dal déjà vu per trovarvi i suoi guizzi; porta al limite il comandamento di suggerire senza mostrare né raccontare, costruendo un solido incubo esclusivamente su colore, suono, e paesaggi interiori digitali (molto debitori di certo videogaming orientale – ma tant’è). E’ quindi un film sorprendentemente ambizioso, trattenuto, e che priva il suo spettatore dei punti di riferimento cui l’indie horror più didascalico e metaforico lo ha in questi abbi abituato. E di cui rappresenta un piccolo, ma interessante step di maturazione.