Featured Image

Snatchers

2019
Titolo Originale:
Snatchers
REGIA:
Stephen Cedas, Benki Kleiman
CAST:
Mary Nepi (Sara)
Gabrielle Elyse (Hayley)
Austin Fryberg (Skyler)

Il nostro giudizio

Snatchers è un film del 2019, diretto da Stephen Cedas e Benki Kleiman.

Solitamente si dice che un’immagine vale più di mille parole. Sarà pur vero, ma per quanto riguarda Snatchers è il caso di dire che una trama vale, da sola, ben più di ventiquattro fotogrammi al secondo. Se vi dicessimo infatti che una ragazza, dopo il suo primo rapporto sessuale, si sveglia al mattino già incinta di ben nove mesi e forse addirittura di un alieno, che cosa pensereste? Sicuramente che stiamo per assistere qualcosa di parecchio strambo, vero? E ci avete azzeccato appieno amici cari, poiché l’irriverente horror comedy diretta a quattro mani da Stephen Cedas e Benki Kleiman, oltre a non elemosinare affatto truculenza e citazionismo anni ’80, imbastisce una storiellina tanto sciocca quanto stupendamente coinvolgente, capace di far passare una sana oretta e mezza all’insegna di adolescenti arrapati, inseminazioni extraterrestri e tanti bei mostracchioni gommosi da drive-in di serie B, nipotini delle varie termiti, tarantule e aberrazioni insettiformi partorite dalla storica sci-fi a basso costo. Cerchiamo però di mettere un po’ d’ordine in tutto questo marasma. Dunque: va detto e ridetto che Snatchers, in quanto commedia orrorifica smaccatamente teen e senza (apparentemente) nessunissima pretesa, non galleggia certo in un brodo di particolare profondità e spessore culturale, sia chiaro.

Detto ciò, per godersi appieno questo piccolo gioiellino trash è sufficiente mollare il pedale, spegnere il cerebro e lasciarsi cullare dall’ironico e scalmanato universo appositamente apparecchiatoci dai nostri due sbarellati cinematografari, nel quale la giovanissima e incauta Sara (Mary Nepi), dopo aver consegnato le chiavi della propria verginità a un arrapatissimo, muscolosissimo e tontolissimo quaterback scolastico (Austin Fryberg), si ritrova a covare in grembo, peggio della Regina di Alien,  un’intera stirpe di orripilanti crostacei from outer space, capaci di connettersi al cervelletto delle loro prede come il fu vermone di Brain Damage e seminare così morte e distruzione, in attesa che la vera Creatura eletta venga scodellata dal ventre della povera liceale in precoce attesa. In tutto ciò, ovviamente, la nostra cara Sara e la di lei amichetta Hayley (Gabrielle Elyse) dovranno cercare di risalire all’origine della malefica covata di cronenberghiana memoria, mentre attorno sangue e frattaglie vengono generosamente sparsi come coriandoli a carnevale, a dimostrazione di come la cautela, nella vita quanto nel sesso, non è più ormai un semplice slogan da scatola di preservativi. Senza rischiare di proferire un’eresia, potremmo tranquillamente considerare Snatchers un degno erede dell’irriverenza, del sordido disgusto e del calorosissimo amore per il cinema di genere che James Gunn dimostrò a suo tempo con Slither, confezionando al contempo un sentito omaggio e una profondo atto di fede verso un cinema estremamente fisico e materico, nel quale la CGI è presente – e anche parecchio – ma standosene per la gran parte del tempo addomesticata dietro a un impianto di artigianalità che, per creare paura e raccapriccio, ha bisogno di tanto mastice e di ben pochi pixel.

Cedas e Kleiman cercano dunque di guardare al passato, quando bastava un insettone più o meno gigante per far rizzare la peluria, condendo il tutto con una goliardia tutta contemporanea che vede nel sesso e nelle sue conseguenze il grande spauracchio dei tempi che corrono. Ma piantiamola qui, poiché stiamo sbandando decisamente troppo nei territori del filosofico, qualcosa che qui, a dirla tutta, non si intravede manco per sbaglio. A scorgersi ben bene sono invece le ripugnanti creaturine crostaceiformi che, sparate fuori dalle grazie vaginali della protagonista come petardi a Capodanno, strisciano, zampettano e s’acquattano in ogni anfratto ben più svelti di un facehugger, mozzando allegramente le testoline di alcolici adolescenti e imbranati poliziotti come se non ci fosse un domani. E quando sul finale, dopo una vera e propria carneficina degna del miglior Raimi, la macchina da presa abbandona i marciapiedi inzaccherati di emoglobina verso un liberatorio “The End” su di uno spielberghiano cielo stellato, beh, non si può che provare un sincero brontolio di soddisfazione, tanto negli occhi quanto nel cuore. Anche per il solo fatto di aver intravisto quel mattacchione di Rich Fulcher.