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New World

2013
Titolo Originale:
Sinsegye
REGIA:
Park Hoon-jung
CAST:
Jonas Chernick (Jordan)
Sarah Manninen (Rachel)
Emily Hampshire (Julia)

Il nostro giudizio

New World è un film del 2013 diretto da Park Hoon-jung.

Kang, capo del dipartimento di pianificazione indagini della polizia, ordina al poliziotto sotto copertura Ja-Seoung di partecipare al progetto “Nuovo Mondo”, per abbattere l’organizzazione criminale chiamata “Goldmoon”. Ja-seong dovrà scegliere di seguire gli ordini di Kang come poliziotto o mantenersi fedele a Jeong Cheong, il vicecapo dell’organizzazione.

Non importa se sei un poliziotto o un gangster, questo mondo rimane comunque un inferno, teatro di drammi che si consumano col sangue della tragedia, dove la realtà è una dimensione ormai senza ruoli, con i buoni che si confondono con i cattivi e viceversa. New World di Park Hoon-jung è un solido thriller con la compattezza del marmo più spesso, e ha il dono della cristallina chiarezza nonostante le molteplici diramazioni degli intrecci narrativi; in questo senso, il regista sceglie la trasparenza del cinema classico, i suoi carrelli e dolly sanno sempre di impercettibile fantasma che attraversa silenziosamente il set, quasi come se prendesse per mano gli spettatori, guidandoli con la meticolosa precisione di un narratore d’altri tempi.

Eppure, sa bene anche quando incazzarsi, assorbendo le immagini per frastornarle nel virtuosismo della macchina da presa: scena immensa è l’assalto nell’ascensore, splatterissima e spietata, momento brutale e tesissimo che Park gestisce come se non avesse più confini spaziali, alternando scatti selvaggi in plongée con asfissianti piani ravvicinati in cui l’occhio della cinepresa rimane costantemente attaccato ai suoi personaggi, come un sadico voyeur nella prima fila del massacro. E cosa dire dell’attacco in garage che avviene poco prima? Il delirio di massa e una pioggia di botte come se non ci fosse un domani, una continua aggressione rabbiosa di sangue e ossa fracassate, gestita come un Park Chan-wook amplificato in dimensione numerica. Il resto è il dipanarsi di intrighi e doppie identità, narrandoci i dilemmi esistenziali di un poliziotto infiltrato sull’orlo del cedimento. è lui, nel volto di Lee Jeong-jae, a dare al film la dimensione empatica per penetrare la barriera emotiva necessaria alla pellicola, la dimensione umana che è parte costituente e fondamentale del dramma. Attorno a lui, un freddissimo Choi Min-sik nel ruolo del capo ispettore e un immenso Hwang Jeong-min gangster stracciacazzi. Il flashback finale odora di tenerezza malinconica, colpendoci un’ultima volta con questi legami, ambigui e velati fino alla fine.