Featured Image

I Am Mother

2019
Titolo Originale:
I Am Mother
REGIA:
Grant Sputore
CAST:
Hilary Swank (donna)
Clara Rugaard (figlia)

Il nostro giudizio

I Am Mother è un film del 2019, diretto da Grant Sputore.

La fantascienza ha spesso giocato e profetizzato sul destino della razza umana e del suo pianeta. Da quella scientifica, la hard science fiction di Arthur C. Clarke o Asimov, a quella apocalittica o post-apocalittica che chiama in causa autori come Wells e George Miller, l’uomo ha sempre avuto la mente rivolta al futuro. In termini di fantasia questo ha portato grandi classici letterari e famosi cult cinematografici, spesso anticipando le innovazioni della realtà stessa. E fra tali innovazioni ha certamente una posizione rilevante l’intelligenza artificiale, sia essa l’onnipresente “robot” di bordo di un’astronave, un mecha con le fattezze di un bambino oppure, come nel caso di I Am Mother, una strana, amorevole e inquietante madre meccanica. Distribuito da Netflix, il film dell’esordiente Grant Sputore (all’attivo un corto e quattro episodi di Castaway, serial australiano datato 2010) è una piccola sorpresa in un panorama fantascientifico di bellissimi, o molto brutti, dejà vu.

Intendiamoci, non c’è un vero e proprio afflato originale, il film di Sputore parla di un’intelligenza artificiale, un cyborg il cui compito è quello di ripopolare la Terra dopo che l’intera razza umana pare essersi estinta. Mother, questo l’unico nome con la quale si identifica l’androide, gestisce tutte le operazioni all’interno di un bunker altamente tecnologico, ed è qui che alleva Figlia, la bambina che vediamo crescere e che sarà il fulcro di una storia scritta con intelligenza e passione. Non è infatti il solito film fatto di robot da combattere, guerre mondiali ed eroi armati, I Am Mother è tutt’altro ed è subito chiaro fin dall’inizio, guardando l’incredibile umanità di Mother, i suoi gesti materni, la sua affabilità e ascoltando la voce che, nella freddezza robotica donatale da Rose Byrne, suona avvolgente e morbida. Nel suo ordinato apprendere, il droide cresce una bambina molto particolare e il loro rapporto è inaspettatamente emozionante, un universo relazione di crescita parallela in cui quasi ci si dimentica dell’artificialità di uno dei soggetti.

Ma il senso del film va in effetti oltre a quello che, superficialmente, pare mostrare, ed è soddisfacente vedere come Sputore e il suo sceneggiatore, Michael Lloyd Green, abbiano dato vita a così tanto utilizzando un budget limitato. Perché il film è un thriller, certo, a suo modo angoscioso e con punte d’azione che movimentano maggiormente il ritmo, ma è anche e soprattutto carico di una forte introspezione, una ricerca psicologica che tocca valori, etica, autorealizzazione, una caratterizzazione pronta a destabilizzare e confondere lo spettatore. “Cosa succede se ti sbagli?”, domanda Figlia quando il suo equilibrio famigliare viene rotto dall’arrivo di un’altra persona, che ha una storia diversa da quella che Madre le ha insegnato. L’estinzione umana forse non è proprio un’estinzione e, allora, tutto va rimesso in discussione, nascono bivi e scelte da prendere e le motivazioni di Madre diventano discutibili. Imperfetto ma credibile e godibile, I Am Mother è baciato da una profondità filosofica che fa riflettere, dimostrandosi un esempio di buon cinema. Una cosa di cui c’è sempre estremo bisogno.