Featured Image

The Witch in the Window

2018
Titolo Originale:
The Witch in the Window
REGIA:
Andy Mitton
CAST:
Arija Bareikis (Beverly)
Alex Draper (Simon)
Charlie Tacker (Finn)

Il nostro giudizio

The Witch in the Window è un film del 2018, diretto da Andy Mitton.

Se c’è un topos legato all’immaginario classico del cinema horror che è riuscito a mantenere intatta nel tempo la propria capacità di affascinare le platee cinematografiche è sicuramente quello della casa infestata. Ne abbiamo visti di ogni tipo e forme negli ultimi tempi, eppure di edifici maledetti funestati da presenze spettrali continuano ad essere pieni gli schermi grandi e piccoli. Pare lecito chiedersi cosa sia rimasto da dire, a questo punto, su di un soggetto oramai ultra-blasonato che, nel bene e nel male, ha accompagnato con costanza la filmografia fantastico-orrorifica dai suoi albori fino ad oggi: salvo qualche miracoloso ripescaggio delle estetiche classicheggianti anni ’70 e ’80 (difficile non pensare all’universo di The Conjuring inaugurato da James Wan qualche anno fa), di variazioni originali sul tema se ne son viste purtroppo ben poche. La risposta a questo dilemma sembra affermare un certo tipo di cinema d’autore che da qualche anno a questa parte pare abbia trovato una voce propria nel panorama del cinema di genere, sta proprio nell’aspetto umano racchiuso dietro a queste storie di case maledette e fenomeni paranormali. Famiglie disfunzionali, scomposte, divise dall’intervento di forze maligne e spiriti demoniaci: è su questa rinnovata matrice umana che il nuovo filone haunted house imbastisce le proprie storie di orrore sovrannaturale. Ed è proprio a questo filone cinematografico che sembra strizzare l’occhio l’americano Andy Mitton (che già si era fatto notare nel 2010 con l’interessante YellowBrickRoad) con il suo ultimo The Witch in the Window, distribuito negli States sulla piattaforma digitale Shudder.

La storia l’abbiamo già sentita: padre e figlio si trasferiscono in una casa che scoprono ben presto essere infestata dallo spirito dell’anziana ex proprietaria (dalla sinistra reputazione stregonesca). Se l’incipit ha un sapore decisamente familiare, la composizione drammatica delle vicende che seguono risulta tutt’altro che scontata. The Witch in the Window è infatti, prima che un horror, un film di personaggi e caratteri che assume a tratti i toni del dramma psicologico. Mitton, forte di una capacità registica sopra la media, si prende tutto il tempo e lo spazio necessari per delineare con accuratezza le meccaniche psicologiche che lo svolgimento della storia mette in gioco: la costruzione della dinamica genitore-figlio al centro del film brilla di una scrittura estremamente partecipata e coinvolta che, aiutata dalle ottime performance dei due protagonisti (tra le quali spicca inevitabilmente quella del giovane Charles Everett Tacker nel ruolo del figlio Finn), eleva una vicenda di per sé estremamente semplice ben sopra il livello di scrittura che sarebbe lecito aspettarsi da un prodotto low budget del genere.

L’atmosfera opprimente che avvolge le ambientazioni è valorizzata da una regia curata ed elegante che gioca sapientemente, per la prima parte del film, con una sorta di “vedo non vedo” che nasconde sullo sfondo delle scene l’elemento soprannaturale, donando all’intera vicenda un senso di sottile e strisciante inquietudine. Se però c’è una vera mancanza da attribuire al film di Mitton, questa risiede proprio nel comparto più strettamente “di genere”: l’apprezzabile lavoro di regia viene infatti appiattito, nelle sequenze di spavento vere e proprie, da una messa in scena che ricorre al più classico jumpscare, tradendo una mancanza di originalità e personalità che va a minare la tensione sotterranea alla base del racconto. A conti fatti The Witch in the Window si presenta come un film di paura che, nonostante le premesse interessanti, inquieta senza riuscire davvero a spaventare. Si può dire in un certo senso che il film di Mitton funzioni meglio come dramma che come horror in senso stretto, forse è proprio così che la pellicola è stata concepita (il finale non consolatorio e angosciante, decisamente riuscito, ne è la prova). Si tratta in ogni caso di un solido esercizio di genere che riesce, nel suo concentrarsi sull’aspetto umano prima che su quello orrorifico, a rinvigorire una premessa quasi scontata e a ritagliarsi un suo piccolo e originale spazio nella schiera infinita di “haunted house movies” che hanno ormai saturato il mercato cinematografico.