Featured Image

La terra dell’abbastanza

2018
Titolo Originale:
La terra dell'abbastanza
REGIA:
Damiano D'Innocenzo, Fabio D'Innocenzo
CAST:
Andrea Carpenzano (Manolo) Matteo Olivetti
Milena Mancini (Alessia)
Max Tortora (Danilo)

Il nostro giudizio

La terra dell’abbastanza è un film del 2018, diretto da Damiano e Fabio D’Innocenzo.

I fratelli gemelli D’Innocenzo, Damiano e Fabio, sono gli artefici di questo piccolo capolavoro: possibile parlare di cinema d’autore per due esordienti? Certo. Eppure dopo la presentazione di questa opera prima al festival di Berlino sezione Panorama, qualcuno già storceva il naso, additando l’ingresso del duo nel “cinema che conta”come facilitato ed agevolato dall’ultimo lustro di “visioni criminali”, tra grande schermo e serialità televisiva. Atteggiamento tipicamente italiano questo: riconoscere parzialmente dei meriti, con in serbo la postilla dubitativa, riduttiva. E invece La terra dell’ abbastanza si muove nello stesso solco di Non essere cattivo di Caligari (ed è un merito non indifferente): esistenze sfilacciate, contesti sociali e urbani disgregati, animi abbruttiti dalla vita stessa, predisposizione alla sconfitta.

Da zero a qualcosa il passo può essere breve, ed inatteso, come per i due amici Manolo e Mirko (Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti, facce e attitudini giuste, spaccano lo schermo davvero), che investono accidentalmente un tizio sbucato dal nulla di ritorno a casa, dopo aver cazzeggiato in macchina con le fauci traboccanti di kebab e cicoria: l’evento, da nefasto, in breve si rivela essere la panacea di tutti i mali, la luce in fondo al grigiore totale, la tanto agognata “svolta”. Entrano però in brutto giro, anzi peggio, ma questo dà loro la possibilità di facili guadagni e di realizzarsi come individui, riuscendo bene nel fare del male, il che pare ossimorico e paradossale, ma è la spietata realtà. Parlando di La terra dell’abbastanza, i registi “quantificano” il titolo: «un abbastanza che non è troppo poco da spingere a rimboccarti le maniche, ti porta ad accontentarti di status symbol che sono lo specchio di un ventennio di crisi morale ed etica»; e allora vai con le scarpe nuove, regali costosi alle fidanzate, cellulari alle sorelle, frigo pieno per le mamme.

Ma il percorso è segnato, e l’aurea plumbea di Ponte di Nona (periferia romana, «uno skyline tra Pasolini e Wes Anderson», ribadiscono i D’Innocenzo bros) diventa sentenza. E’ una sconfitta atavica quella di Manolo e Mirko, un determinismo geografico e genetico: lo sanno bene anche il padre del primo (Max Tortora) e la madre del secondo (Milena Mancini, drammaticamente intensa), nonché il boss di entrambi (Luca Zingaretti). La terra dell’abbastanza è un film violento a livello emotivo ed epidermico, poiché il sangue è spesso mostrato in campo lungo, come se le efferatezze siano connaturate al paesaggio, contribuendo all’habitat. Sorprendente anche la maturità tecnico/stilistica dei due, che hanno confermato l’utilizzo di lenti anni ’70 che perdono fuoco (che a livello sinestesico crea uno straniante effetto di attrazione/repulsione verso i personaggi) e si sono avvalsi dell’imprinting visivo di Paolo Carnera, direttore della fotografia per Sollima. Il senso dei vinti per il nuovo cinema italiano.