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Black Museum

2017
Titolo Originale:
Black Museum
REGIA:
Colm McCarthy
CAST:
Douglas Hodge (Rolo Haynes)
Letitia Wright (Nish)
Daniel Lapaine (Dawson)

Il nostro giudizio

Black Museum è il quinto episodio della quarta stagione di Black Mirror, diretto da Colm McCarthy

Nish (Letitia Wright, Humans, Cucumber) è l’unica visitatrice odierna del Black Museum, che sorge in un luogo arido e isolato. Qui le fa da guida il proprietario, Rolo Haynes (Douglas Hodge, Catastrophe, Unforgotten), illustrandole le storie dietro alcuni pezzi dell’inquietante collezione, composta esclusivamente da artefatti tecnologici legati a crimini, o comunque vicende molto controverse. Rolo, la cui relazione con gli artefatti esposti è precedente al loro arrivo nel Black Museum, si concentra in particolare su tre vicende. La prima è la storia del Dr. Dawson (Daniel Lapaine, The Durrells, Catastrophe), e del suo impianto neurale che gli consentiva di percepire le sensazioni altrui: in particolare la sofferenza di pazienti in condizioni difficili, per salute o difficoltà di comunicazione. Questa capacità, che per lungo tempo lo rese un salvatore fra i suoi colleghi, ricevette un brusco e inatteso cambio di rotta quando costui esperì la morte di un suo paziente… La seconda storia, narrata da Rolo a partire da un orsetto di peluche stranamente conservato nel Black Museum, riguarda Carrie (Alexandra Roach, No Offence, Hunderby), giovane moglie e madre di un bambino, che versava in condizioni di coma da anni.

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Questo, sino a quando una tecnologia rivoluzionaria non consentì il trasferimento della sua coscienza nel cervello del marito Jack (Aldis Hodge, Turn: Washington’s Spies, Underground), cosicché questi potesse fargli da vettore e intermediario con il mondo esterno. Tuttavia, se a volte marito e moglie faticano a tollerarsi, figurarsi se la seconda è dentro la testa di lui. Una voce sempre presente, che vede tutto e parla troppo… Infine, la terza storia riguarda il defunto Clayton (Babs Olusanmokun, Too Old to Die Young, Marvel’s The Defenders): un criminale, poi condannato a morte, che dietro un compenso per la propria famiglia firmò un contratto, permettendo la creazione di un suo clone virtuale. Proiettato come ologramma in una cella del Black Museum, dopo la sua morte il clone sarebbe rimasto lì ripetendo la condanna (tramite sedia elettrica) ogni qualvolta un visitatore l’avesse voluto (con tanto di “simpatico” gadget accluso). Clayton si era sempre dichiarato innocente, e firmò solo per tutelare i suoi cari nel peggiore dei casi, che puntualmente si verificò…

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Black Museum è a mio giudizio il miglior episodio della quarta stagione di Black Mirror. Un episodio che ne contiene di fatto tre (quattro, considerando a parte il bel finale con plot twist annesso), una sorta di Tales from the Crypt a scatole cinesi dell’era digitale: avvincente, disturbante e carico di black humor. La regia dell’ottimo Colm McCarthy (di cui ho amato La ragazza che sapeva troppo) è puntualissima nel cambiare marcia ogni volta che serve, realizzando nel miglior modo la sceneggiatura molto ispirata di Charlie Brooker, che cita parecchio dal passato (occhio agli oggetti esposti), ma con stile e ironia. Notevole tutto il cast: menzioni speciali di merito a Douglas Hodge, istrionico e viscido quanto serve nell’incarnare Rolo Haynes, e Babs Olusanmokun, impeccabile nel tragico e sofferente ruolo di Clayton.