Featured Image

Kill Switch

2017
Titolo Originale:
Kill Switch
REGIA:
Tim Smit
CAST:
Dan Stevens (Will Porter)
Bérénice Marlohe (Abby)
Tygo Gernandt (Michael)

Il nostro giudizio

Kill Switch è un film del 2017, diretto da Tim Smit

Nel corso della propria precoce ma già prolifica carriera di tecnico degli effetti speciali digitali per alcune pellicole del calibro di Last Passenger e Tiger House, Tim Smit ha già più volte dimostrato di aver sviluppato una certa ossessiva fascinazione per l’universo videoludico, concedendosi forse qualche partita di troppo a Call of Duty prima del battesimo del fuoco dietro alla macchina da presa con Kill Switch. Infatti, malgrado la pellicola in questione non possegga alcuna parentela tematica con il celebre videogioco edito da Namco nel 2004, oltre all’omonimia i due prodotti condividono un’estetica e una filosofia davvero molto simile, non fosse che per la scelta del giovane cineasta di creare un’opera che possiede, almeno in parte, tutti i connotati di un’esperienza di fruizione da game consolle che l’accomunano a certi esempi contemporanei quali Hardcore! e Beta Test. Affondando le radici fra sci-fi “impegnata” e il puro intrattenimento caciarone, Kill Switch narra di un prossimo futuro in cui, per far fronte alle necessità di approvvigionamento energetico del pianeta, la multinazionale Alterplex ha sviluppato una nuova straordinaria tecnologia basata sulla creazione di un universo parallelo (un echo-universo), esatto duplicato del nostro ma privo di entità viventi, dal quale estrarre le risorse necessarie da convogliare in seguito nella realtà-madre tramite un’imponente torre conduttrice.

dentro 1

Nel mezzo dell’imminente inaugurazione del progetto e delle esagitate proteste di un gruppo ambientalista estremista, il fisico e ingegnere Will Porter (Dan Stevens), costretto a provvedere al benessere della sorella Mia (Charity Wakefield) e del  nipotino Donny (Kasper van Groesen) in seguito alla morte del fratello, decide di accettare una difficile e potenzialmente pericolosa missione di emergenza nell’universo alternativo, coadiuvato dall’equivoca Abigail (Bérénice Marlohe) e senza avere la minima idea di quante cose stiano per andare storte. Prendendo le opportune distanze tanto dalle implicazioni indi-filosofiche di Another Earth quanto dalle derive neo-romantiche di Upside Down, Smith imposta il proprio esordio alla regia attraverso un azzardato montaggio parallelo a incastro che interconnette fluidamente due diverse porzioni narrative e temporali: un passato riepilogativo degli eventi che hanno condotto Will a partecipare all’ambizioso progetto e un presente che segue l’uomo nello svolgimento della propria missione nell’echo-universo attraverso prove sempre più adrenaliniche.

dentro 2

Ma è nella scelta del formato estetico che il cineasta rivela la propria vena transmediale, poiché, se la prima tipologia di racconto viene messa in scena nella maniera più classica possibile – con qualche indugio feticistico di troppo sulla componente tecnologica –, la seconda fa sfoggio di una cronaca in piano sequenza in POV di Will durante la missione, con tanto di visualizzazione dei parametri vitali a tutto schermo che richiamano più che palesemente la struttura di uno sparatutto first-person shooter. Si aggiunga poi una profusione di CGI che rivela il gigionismo dello stesso Smit e che pare la registrazione in tempo reale di un gameplay ed ecco che l’intera seconda parte del film abbandona decisamente il terreno cinematografico per trasferirsi totalmente in una sessione di gioco tratta da Doom, con l’effetto finale di un’esperienza tutto sommato divertente al suo principio ma che si fa sempre più stancante e priva di mordente col passare dei minuti.