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Room

2015
Titolo Originale:
Room
REGIA:
Lenny Abrahamson
CAST:
Brie Larson (Joy "Ma" Newsome)
Jacob Tremblay (Jack Newsome)
Joan Allen (Nancy Newsome)

Il nostro giudizio

Room è un film del 2015, diretto da Lenny Abrahamson
Cosa pensereste se vi levassero la possibilità di agire seguendo la vostra volontà chiudendovi in una stanza senza possibilità di uscirne? Peggio ancora: cosa provereste, invece, se vi negassero dalla nascita quella possibilità? Room di Lenny Abrahamson parla proprio di questo: di una privazione. Quella che un uomo, il vecchio Nick, ha fatto a una ragazza di 17 anni, Joy. Da sette anni la tiene chiusa nel capanno del suo giardino ma non solo: da 5 tiene intrappolato anche il figlio, Jack, nato da uno dei tanti rapporti sessuali avuti con Joy. Nonostante nel film non si veda una goccia di sangue, la prima ora è di una violenza che colpisce, devasta dentro. Il cuore viene ferito, lo stomaco rigirato, l’anima annientata. Room è una privazione, un film che ci scava dentro e ci fa sentire sporchi, colpevoli al solo guardarlo, quasi complici di quel gesto tanto malsano che non riesce a farci staccare lo sguardo dallo schermo.
La prima ora della pellicola è indecifrabile, senza spiegazione in un crescendo che piano piano ci rivela particolari e momenti che non viviamo ma sentiamo come nostri, come provati dalla nostra pelle. Il finale poi è di un’intensità drammatica che nella sua semplicità completa quella che è un’opera semplice, nonostante il carico di messaggi e di sottotesti che se ne possono trarre. Questo piccolo capolavoro si regge sulle interpretazioni dei due protagonisti personali: Brie Larson premiata con l’Oscar e Jacob Tremblay che l’avrebbe meritato. La donna interpreta Joy, alla quale sono stati tolti 7 anni di vita, esperienza e sensazioni. Porta dentro di sé il rancore di questi gesti e si attacca al figlio come unica prospettiva possibile della sua vita. Per lui inventa un mondo fatto di sogni irrealizzabili e di realtà artificiali, fino al momento in cui lo usa come grimaldello per uscire dai problemi che chiaramente non saranno poi rappresentati solo dalla ”Room”. Jack, il piccolo, invece è un evoluzione del Kaspar Hauser di Werner Herzog. Rispetto al quale ha avuto, grazie alla madre e a una piccola televisione, almeno la possibilità di imparare a parlare, a muoversi e a capire piano piano anche cosa è reale e cosa no. La sua reazione però è simile al personaggio ideato dal regista tedesco, spaesata e sconsolata.
Il vecchio Nick invece rappresenta il lato oscuro, malato, perverso. Il regista prova anche a farci entrare in contatto con questa entità, che rimane estranea, tramite il regalo di una macchinina al piccolo Jack. Il personaggio rimane però fuori dal contesto, tanto che la scelta finale lo esula da giustificazioni, spiegazioni, perché Abrahamson sa bene che lo spettatore non è interessato a creare un contatto con lui, vuole solo che stia il più lontano possibile dallo schermo. E così è, infatti, visto che in volto riusciremo a vederlo giusto il tempo di un pugno di inquadrature. Sicuramente Room merita grande risalto e, altrettanto sicuramente, più di quello che di solito viene dato a film come questo nel nostro Paese.