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Mothman

USA
Titolo Originale:
Mothman
REGIA:
Sheldon Wilson
CAST:
Jewel Staite
Connor Fox
Jerry Leggio

Il nostro giudizio

Il regista di Shallow Ground esplora la leggenda dell’Uomo Falena, il Mothman, trasformandolo in uno spietato castigamatti. 

Sheldon Wilson continua il suo tour esplorativo delle leggende dell’America rurale, onde piegarle a oggetto di film prodotti dal canale televisivo Syfy, specializzato nel fantastico. L’anno scorso aveva messo Lou Diamond Phillips contro il Diavolo del Jersey, in Carny, e quest’anno schiera l’una contro l’altro armati l’eroina di Stargate Jewel Staite e il terribile Uomo Falena, che nel West Virginia è un babau nazionale,  apparso ripetutamente tra il 1966 e ’67 e creduto responsabile o comunque pronubo di eventi funesti. Le sue epifania nei dintorni di Port Pleasant furono infatti messe in correlazione con il crollo di un ponte nel quale perirono una cinquantina di persone. Senza ricorrere a Wilkipedia, i cinefili queste cose sicuramente già le sanno per aver visto The Mothman Prophecies con Richard Gere. Wilson riprende l’iconografia classica dell’uomo falena, un essere antropomorfo con ali enormi e due occhi di bragia, ma ne reinventa le arcane specificità: non più un vaticinatore di disgrazie, come da tradizione, ma uno spietato vindice dei crimini rimasti senza colpevole o occulti, come quello del quale si è macchiata la confraternita dei protagonisti, responsabili della morte di un coetaneo annegato, fatta passare per un incidente.

Da una storia che ha alla base una tragedia fatale con vilipendio di cadavere – gli “amici” spaccano la testa al morto a colpi di pietra, uno per volta, così che sembri abbia sbattuto tuffandosi – e dal regista che esordì firmando Shallow Ground, era lecito attendersi qualcosa di più corposo che un filmetto di mostri, tutta fenomenologia e sostanza scarsissima. Qualche recensore in rete nota, peraltro, con giusta sorpresa, come i responsabili dell’antica colpa siano talmente segnati da quell’evento che dieci anni dopo si ritrovano in un pub per brindare alla memoria del ragazzino morto e sfigurato. La Staite è una di loro, tornata a Port Pleasant in occasione della festa annuale dedicata al Mothman per un servizio giornalistico; con un tempismo perfetto, visto che appena punta il piede in città l’Uomo Falena comincia ad ammazzare tutti quelli della sua cerchia. Il modus necandi del demone – che si immagina nato dalla disperazione e dalla rabbia di un indiano torturato e preso a fucilate dai bianchi: il flashback non è male – è sempre abbastanza splatteroso come effetti, ma l’idea che Mothman affiori nella nostra dimensione attraverso specchi e superfici riflettenti, dai televisori ai tostapane, rivendica il primato dell’originalità in un film che a differenza di Carny o degli altri Wilson, non ha nulla che non sembri già visto.

Oltretutto, l’inciampo sulla figura del mostro, frutto di CGI, è notevole. Nero, indistinto, l’Uomo Falena è quasi più da immaginare che da vedere e quando lo si vede, come nel duello all’interno di una fattoria abbandonata, nel finale, non c’è sospensione della credulità che tenga, perché sembra proprio un disegno animato. Suspense zero. Studio d’ambiente zero. Caratteri zero. Quindi perché guardarselo, rigorosamente in streaming? Per il prologo, con il fattaccio in palude, per qualche sequenza che non fa dimenticare che Wilson non è un regista di quelli un tanto al chilo e per Jewel Staite, che qui appare non spiacevolmente più rotondetta di come l’avevamo lasciata, novella Schwarzenegger, in The Forgotten Ones.