Vinyl di Martin Scorsese

Sesso, droga e rock ‘n’ roll
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Scorrevole ed elegante,riconoscibilmente scorsesiano da subito per ritmo e dialoghi, l’episodio pilota della nuova serie tv Vinyl offre uno spettacolo davvero impressionante. Diretto da Martin Scorsese, che è anche il produttore esecutivo dell’intera serie, insieme a Mick Jagger e a Terence Winter di Boardwalk Empire, Vinyl ci trascina nella prima metà degli anni’ 70,epoca di grandi cambiamenti nel mondo dell’industria discografica. Il glam domina la scena rock, ma è un glam che lascia presto intravvedere il suo lato oscuro, fatto di droga, vomito e malattie, così ben evidente nelle scene dei concerti (quello di Jim Morrison, ad esempio). Vinyl dichiara subito il suo amore per il rock classico e per le sue radici blues, mentre il suo protagonista Richie Finestra, interpretato da Bobby Cannavale, si presenta come un tipico anti-eroe, autodistruttivo e dilaniato dai sensi di colpa. Un uomo dall’ “orecchio d’oro” che ha costruito un impero musicale in un processo che però, allo stesso tempo, gli ha progressivamente mangiato l’anima. La nostalgia per Finestra è sempre di casa, e diversi flash-back raccontano la sua deplorevole discesa da onesto gestore di bar amante della musica a manager, onesto prima e poi portato a considerare musicisti e discografici come pura merce. L’immagine che viene fuori del mondo delle “labels” è proprio quella di un ambiente dove la musica è l’elemento meno importante: contano le classifiche, i passaggi in radio, in conclusione, i soldi.

Cannavale nel suo ruolo è grandioso. Perennemente incasinato e a caccia di rogne (lui stesso ammette che, forse, la sua storia potrebbe risultare offuscata a causa di cellule del cervello bruciate), spesso non risulta credibile. Come non lo sono diversi fatti che vediamo accadere nell’epoca descritta da Vinyl. Non che il racconto non sia attendibile, ma non passano cinque minuti senza che qualcuno compia una scelta che, vista a distanza di quarant’anni e con il senno di poi, non risulti sbagliata. E c’è dell’originalità in questo, che allo stesso tempo funziona come stratagemma narrativo. Ad ogni modo, la performance di Cannavale è strepitosa. Finestra è spesso sopra le righe, sebbene il suo amore per la musica (inteso in maniera molto particolare) ci risucchi nel suo spazio mentale e ci riveli le sue somme priorità. Lo incontriamo la prima volta in un brutto posto: alcol, droga. Sarebbe sul punto di fare una telefonata alla polizia, presumibilmente per una confessione. Ma poi il ruggito dell’esuberante gioventù lo distrae. Si tratta di gruppo di fan che si precipitano a un concerto dei New York Dolls. Viene, così, trascinato via dai suoi pensieri e preoccupazioni, e distratto da un crescente delirio fatto di glam rock e caos. Da questo punto in poi, l’episodio ci riporta indietro nel tempo raccontando tutti gli eventi che hanno portato Finestra al punto di non ritorno. È un modo efficace per presentare ogni personaggio mettendo in risalto, allo stesso tempo, un po’ delle sabbie mobili che costantemente agiscono per affondare il nostro eroe: un grosso contratto con una casa discografica tedesco/olandese che sembra andare in fumo, il proprietario, impazzito,di una radio che minaccia di boicottare l’etichetta discografica di Finestra; lui stesso colpevole (forse) di un omicidio accidentale…Tutto sembra accumularsi sulle spalle del personaggio che cerca con fatica di restare sobrio.

Aggiungono solide interpretazioni Ray Romano e J.C. MacKenzie, dirigente e braccio destro di Finestra, insieme a Olivia Wilde, sua moglie ed ex-appartenente alla scena della Factory di Andy Warhol. E quasi perpendicolare a tutto ciò abbiamo l’ambiziosa segretaria Jamie (Juno Temple, figlia del regista Julien), attratta professionalmente e personalmente da un eroinomane-nichilista cantante punk e dalla sua band The Nasty Bits. Una parte della trama che qui va a remare contro il movimento punk e che si concluderà in maniera tragica. Vinyl è una serie impegnativa, che spera di farci diventare innamorati del classic rock come lo sono i suoi creatori, che però hanno saputo trarne spunti ironici che spesso si basano proprio su commenti rivolti agli artisti, sempre da leggere con il nostro senno di poi. L’ironia, alternata alla drammaticità e al realismo, produce una serie di scene memorabili supportate da una colonna sonora che, dato l’argomento della serie, non fa alcuna fatica ad adagiarsi sulle immagini. Scorsese, grande fan della musica rock, a tratti sembra buttarla un po’ sul Cameron Crowe, conservando però una buona parte della sua ferocia “marchio di fabbrica”. Per lo spettatore, osservare i personaggi che sono sempre o quasi cosi orribili e terribili l’uno con l’altro può diventare pesante, ma per chi ha orecchio – e si presume che i fan di questa serie ne avranno – si percepisce un ritmo sincopato, un po’ rock e un po’ jazz, fatto d’amore.