Phenomena

Tutto quello che avreste voluto sapere su Phenomena
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Dopo Tenebre, si rincorrono le voci di almeno due progetti ai quali Dario Argento avrebbe messo mano. Prima il regista annuncia di voler realizzare un film “sul voodoo e sulle metamorfosi”, ispirato a L’ululato di Joe Dante e alla Cosa di John Carpenter, in cui gli effetti speciali la faranno da padrone. Pochi mesi più tardi, dalla Dac esce una nuova notizia “bomba”, secondo la quale Argento e Bernardino Zapponi (già coautore di Profondo rosso) avrebbero scritto una sceneggiatura imperniata sulla città di Venezia come “capitale internazionale dell’alchimia”, lasciando intendere che si tratti del terzo, sospirato, capitolo della trilogia sulle Madri. Tutto questo si risolve, però, in un nulla di fatto, anche a causa di una profonda crisi depressiva che spinge il regista a cercare la quiete e l’equilibrio in una clinica di Zurigo. Come si giungesse in seguito a Phenomena, lo spiega lo stesso Argento: «Ero andato in vacanza a Giannutri e stavo ascoltando un radiogiornale. Lo speaker diceva che la soluzione di un crimine era stata trovata grazie all’aiuto di un entomologo. Studiando alcune larve di insetti che si trovavano sul corpo della vittima di un omicidio, si era riusciti a risalire alla datazione esatta del momento della morte e quindi a scoprire l’assassino. Rimasi folgorato e dal quel momento cercai di informarmi il più dettagliatamente possibile. Finché trovai un testo capitale sull’argomento: L’entomologia applicata alla medicina legale, del professor Leclerc. Da lì fu un attimo scrivere la sceneggiatura…».

L’idea di ambientare un film in Svizzera, Argento la covava sin dal periodo del suo precedente riposo forzato nella repubblica elvetica e anche il titolo definitivo, Phenomena – mentre quello pensato in un primo momento era La scimmia assassina – è debitore di un’esposizione d’arte (Phenomenon) visitata a Zurigo pochi mesi prima. Su tutto questo, si venivano a innestare altri spunti suggeriti dalla cronaca di quei giorni: a più riprese il regista dichiarò alla stampa che il suo nuovo lavoro era stato influenzato dalle gesta del Mostro di Firenze: e proprio mentre si organizzavano le prime riprese di Phenomena, destino volle che lo spietato killer seriale tornasse a far parlare di sé con un duplice omicidio. Da un punto di vista filologico, tutti rilevano come molti e circostanziati siano i rimandi che legano il film a Suspiria, a cominciare dal fatto che la protagonista si trova catapultata, allo stesso identico modo di Susy Banner, dall’America nel Vecchio Mondo, tra gli orrori di una scuola infernale. Addirittura alcune sequenze di Phenomena sono sovrapponibili a quelle dell’altro film, come nel caso della morte di Fiorenza Tessari, (auto)citazione palmare dall’omicidio di Eva Axen. Anche il clima freddo, di sospetto, che aleggia in entrambe le storie è analogo. Argento lo ha spiegato come una scelta volontaria, legata a una suggestione che lo guidò nell’ideazione e quindi nella scrittura del film: «Mentre giravo la Svizzera, in particolare quella parte di lingua tedesca, avevo la sensazione di muovermi in un mondo alieno, gelido, in cui le persone, dietro la maschera di un’apparente cordialità, nascondevano qualcosa di tagliente e di cattivo. Così immaginai che in quel mondo, che sarebbe poi diventato il mondo del film, la storia avesse preso un corso differente. Che la guerra l’avessero vinta i tedeschi e che ad imporsi fosse stato il pensiero nazista». E non occorre ricordare che Suspiria si svolgeva a Friburgo, in un luogo, cioè, che fu la culla del nazismo.

Un forte rapporto emulativo corre, inoltre, tra Phenomena e alcuni horror di Tobe Hooper: non soltanto il bambino-mostro del film di Argento (creato da Sergio Stivaletti ispirandosi alle deformità causate da un morbo realmente esistente, detto “sindrome di Patau” – nello script originale, tra l’altro, pare ricorresse anche un mostro-padre che conosciamo da alcuni bozzetti) presenta inquietanti similitudini con la creatura di Funhouse (Il tunnel dell’orrore), ma la sequenza finale in cui Jennifer piomba in una vasca d’acqua pullulante di cadaveri è praticamente la stessa cui si assiste al termine di Poltergeist. Il perimetro delle citazioni si allarga poi ad altro cinema horror americano (il finalissimo che richiama Venerdì 13), vira alla letteratura poeiana (I delitti della Rue Morgue) e quindi piega all’autoreferenzialità (la madre Daria Nicolodi – che poi rinnegherà il film a causa del supposto manicheismo razzista che lo sostanzia: buoni/belli vs cattivi/deformi – evoca anche nel look la Mater Tenebrarum di Inferno). Uno sguardo particolare va riservato all’aspetto tecnico di Phenomena, per le ovvie difficoltà che nascevano dal riprendere gli insetti (fu soprattutto la seconda unità del film, sotto la guida di Luigi Cozzi, ad occuparsene): «Tu non puoi ordinare a una mosca di andare a destra o a sinistra. Se la appoggi da qualche parte, quella vola via e non c’è modo di riacchiapparla. Così ci siamo inventati delle specie di microcinture di plastica, che ci permettevano di muovere un insetto come se fosse una marionetta. Un altro grande problema erano le luci, perché usando luci normali finivamo per bruciare gli insetti. La soluzione l’abbiamo trovata in Germania e sono le fibre ottiche, che permettono di giocare con la luce anche su superfici molto ridotte e persino di creare dei contrasti sulla faccia di una mosca…. I visi di alcuni insetti sono molto belli. Altri, al contrario, sono terribili. La faccia di una vedova nera ingrandita somiglia, ad esempio, a quella di Lon Chaney…».

Argento riutilizza anche lo snorkel, la microcamera che gli era servita per i dettagli degli oggetti in Profondo rosso, e concepisce una ardimentosa sequenza in cui una pillola di veleno inghiottita da Jennifer doveva essere seguita nel suo tragitto lungo l’esofago fin dentro lo stomaco. Scena che non venne però mai girata e che solo parecchi anni più tardi il regista realizzerà – ma con effetti computerizzati – in La sindrome di Stendhal. Un’altra sequenza eliminata prevedeva che Jennifer sostenesse un rigidissimo esame di ammissione alla scuola: « Lei era nei guai e nessuno che si impietosisse o le desse un suggerimento. Un momento angosciante che evocava i terribili ricordi di quando affrontai il mio esame di maturità, che feci tardi, da privatista, a 22 anni». Mai risolto, invece, il mistero di una colonna sonora dal titolo Phenomena 2 apparsa a un certo punto sul mercato e che nulla ha a che vedere con il film di Argento.