Petri, Pirro, Volonté e la morte di Pinelli

Ipotesi su una defenestrazione
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Dopo Piazza Fontana, dopo la strage neofascista a Milano del 12 dicembre 1969, che avrebbe segnato solo l’inizio di un rosario di crimini e complotti e di bombe senza rivendicazione, senza oggetto politico se non quello della “strategia della tensione” inaugurata dal potere in risposta alle lotte degli operai e degli studenti per lo statuto dei lavoratori, nacquero diverse iniziative democratiche in opposizione allo scatenarsi della repressione contro i gruppi della sinistra extraparlamentare. Il regista Elio Petri, lo sceneggiatore Ugo Pirro e Gian Maria Volonté si fecero promotori del progetto di coinvolgere più gente di cinema possibile per un intervento diretto. Si costituì il “Comitato dei cineasti contro la repressione” che riuniva Bertolucci, Bellocchio, Cavani, Nelo Risi, Loy, Ferreri, Damiani ecc. fino a personalità distanti come Visconti. Gli arresti assurdi seguiti alla strage, la morte “oscura” dell’anarchico “gettatosi” da una finestra della questura (15 ottobre 1969), l’allarmante atmosfera che si stava respirando, portò il Comitato all’ideazione di Documenti su Giuseppe Pinelli. Un film-inchiesta collettivo al quale avrebbero dovuto partecipare “a gruppi” i vari aderenti alla proposta.

Venne così raccolta una mole considerevole di girato, ma soltanto quello di Petri riuscì ad essere montato e a circolare attraverso i circuiti militanti del Movimento Studentesco, Lotta Continua, Potere Operaio, e quindi nelle fabbriche e nelle università occupate, nei circoli delle cooperative, e perfino in alcune sezioni del PCI. In una stanza simile a quella del commissario di polizia Luigi Calabresi, vengono ricostruite, con l’ausilio di un manichino, tre delle molte versioni fornite a giustificazione della tragica morte, avvenuta per “defenestrazione”, di Pinelli, di cui ricorreva ieri, 15 dicembre 2015, il 46° anniversario.

In Francia, Ipotesi, o Tre ipotesi sulla morte di Pinelli, venne assemblato per alcune proiezione anche insieme ad altre produzioni militanti, come il famoso Angela Davis di Yolande de Luart. Si tratta di una “ricostruzione scenica” sul caso di quella “morte accidentale”, dove accanto alle facce di attori di quegli anni si ritrova un Volonté con i baffi scuri dopo aver appena finito di girare il Sacco e Vanzetti di Montaldo. Se l’inchiesta preparata da Nelo Risi era incentrata sulla persona di Pinelli, quello di Petri si concentra sulle “più plausibili” versioni fornite dalla polizia sulla sua morte. Tre ipotesi che vengono materialmente verificate, in una stanza, con quattro poliziotti, seguendo ogni punto, e arrivando alla tragica e insieme comica conclusione dell’impossibilità che si potesse trattare di “suicidio”.