Featured Image

What Keeps You Alive

2018
Titolo Originale:
What Keeps You Alive
REGIA:
Colin Minihan
CAST:
Hannah Emily Anderson (Jackie)
Brittany Allen (Jules)
Martha MacIsaac (Sarah)

Il nostro giudizio

What Keeps You Alive è un film del 2018, diretto da Colin Minihan.

Il giovane Minihan ci aveva già colpiti al cuore e allo stomaco con Deserto rosso sangue (realizzato insieme a Stuart Ortiz), e lo aveva fatto tramite la trama più semplice del mondo: una ragazza inseguita da un mostro. In What Keeps You Alive ritroviamo la stessa ragazza (una versatile Brittany Allen) e la stessa estenuante lotta per la sopravvivenza; questa volta, però, il mostro non è uno zombi affamato, ma un’affascinante e letale femme fatale. Protagonista della storia è la coppia lesbo composta da Jules (Brittany Allen) e Jackie (Hannah Emily Anderson). Per festeggiare l’anniversario di matrimonio le ragazze si rifugiano in uno chalet sperduto nel cuore di una foresta, decise a passare un weekend romantico tra passeggiate e cenette al lume di candela. Il luminoso idillio viene minacciato dall’ombra di un passato oscuro portato a galla da una vecchia conoscente di Jackie, giunta nella stessa località con il partner. Jules scopre che sua moglie non le ha mai parlato della misteriosa morte di un’amica d’infanzia, anzi, non le ha nemmeno rivelato il suo vero nome. Una realtà raccapricciante incrina quella che sembrava essere l’immagine di un’amorevole compagna e il programma che Jackie ha in mente per il weekend diventa sempre più limpido: uccidere Jules senza pietà.

Il sodalizio tra Minihan e Allen – partner in crime sul set ma anche nella vita reale come Rob e Sheri Moon Zombie  – funziona alla perfezione (si tratta del loro terzo film insieme dopo Extraterrestrial e Deserto rosso sangue); i ruoli dell’eroina dura a morire, scritti e diretti dal regista-sceneggiatore, calzano a pennello sulla fisicità della compagna che, in questo caso, è anche autrice della colonna sonora. Love hurts potrebbe essere il sottotitolo di  What Keeps You Alive. Abbandonando la componente sovrannaturale che abitava i precedenti film (tra cui ESP – Fenomeni paranormali) realizzati con Ortiz sotto lo pseudonimo “The Vicious Brothers”, la scrittura di questo thriller ruota attorno all’inquietante concetto di come sia impossibile conoscere nel profondo una persona, anche quella con cui condividiamo da tempo la nostra intimità. Come tutti i serial killer, Jackie indossa una maschera: la sua è una follia fredda e spietata che (ça va sans dire) le impedisce qualsiasi tipo di empatia. Per farla breve, ci troviamo di fronte a una sorta di Miss Bateman.  Per queste ragioni, durante una passeggiata nel verde, la dolce fanciulla non si fa scrupoli a prendere la rincorsa e spingere giù da un dirupo la sua Jules. Miracolosamente ancora in vita, la ragazza vaga nella foresta trascinando arti spezzati e membra sanguinanti: inizia così una tesa lotta alla sopravvivenza  che inchioda lo spettatore allo schermo grazie a un’agonia fastidiosa e tagliente, rendendolo partecipe all’inseguimento tra cacciatore e preda anche nei punti in cui il ritmo inciampa.

Inizialmente pensato per un attore ma cambiato in corso d’opera, il ruolo della female-villain è decisamente azzeccato e, seppur a tratti un po’ inverosimile, ben si presta a essere una variante all’infinita serie di mariti sanguinari protagonisti di svariati thriller; addentrandoci nella storia la psicopatia e l’inganno della moglie-assassina ricordano un Henri Landru al femminile. Se la violenza psicologica raggiunge il limite della sopportazione, anche quella fisica non è da meno, dolorosamente realistica senza il fastidioso apporto della computer grafica (ossa rotte, lembi di pelle ricuciti); non manca una truculenta carneficina nel mezzo della storia. Un affascinante teatro della crudeltà viene messo in scena con stile nelle sequenze psichedeliche illuminate da freddi neon in cui Jackie ripulisce il sangue versato con il viso spruzzato da macchioline purpuree. Brutale e con un twist abbastanza inaspettato il finale di What Keeps You Alive, reso elegante dalle riprese immerse nella luce dei verdi esterni, dove ricordi, visioni e realtà si alternano musicati da sonorità classiche. L’amore fa male, ma per fortuna quello di Colin Minihan per il cinema di genere continua a pulsare, dimostrandoci come low budget non sia sinonimo di amatoriale.