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Westworld – Stagione 2

2018
Titolo Originale:
Westworld
REGIA:
Richard J. Lewis, Frederick E.O. Toye, Vincenzo Natali, Stephen Williams, Uta Briesewitz, Lisa Joy, Nicole Kassell, Tarik Saleh, Craig Zobel
CAST:
Evan Rachel Wood (Dolores Abernathy)
Thandie Newton (Maeve Millay)
Jeffrey Wright (Bernard Lowe)

Il nostro giudizio

Westworld è una serie tv del 2018, ideata da Lisa Joy e Jonathan Nolan

Sono passati due anni dalla prima stagione di Westworld, la nuova serie di punta di HBO riuscita come poche a far discutere e alimentare teorie di ogni sorta, grazie a una storia avvincente e intricatissima. In questa seconda stagione ritroviamo Dolores (Evan Rachel Wood), Maeve (Thandie Newton), l’Uomo in nero (Ed Harris) e tutti gli altri protagonisti che avevamo lasciato sul principio della rivolta dei robot; ma scopriamo anche nuovi parchi a tema e nuovi personaggi, come sempre alla maniera di Westworld: tra linee temporali che si intrecciano e si (ci) confondono, numerosi twist, tanta azione e tanto sangue, molte domande e poche risposte. Questa volta i creatori dello show Jonathan Nolan e Lisa Joy hanno messo da parte la ricerca del centro del labirinto ma hanno creato un altro appassionante rebus di difficile decodificazione. Come dicevamo, è iniziata la ribellione, punto di arrivo inevitabile dopo la presa di coscienza degli “host”. Se nella prima stagione Dolores e Maeve si erano distinte nel riuscire a ottenere il libero arbitrio e ribaltare i loro rispettivi ruoli – l’ingenua damigella in pericolo e la scaltra prostituta – ora proseguono entrambe il proprio personale cammino per diventare, davvero, ciò che desiderano.

Dolores si pone alla guida dei ribelli, dimostra intelligenza, indipendenza ma anche ferocia nel mettere a segno i suoi piani di vendetta; Maeve, al contrario, si mostra sempre più umana e pronta a sacrificare anche se stessa per salvare la figlia e non solo. Non a caso, proprio Maeve è protagonista di alcune delle scene più belle di questa stagione, che ci fanno scoprire un calore, un sentimento davvero raro in Westworld. La serie, infatti, mantiene intatta la sua natura enigmatica, filosofica, cerebrale ma si scopre essere anche molto emozionante e più coinvolgente. Bernard (Jeffrey Wright) e l’Uomo in nero sono gli altri due grandi protagonisti della stagione.
Il primo diventa la chiave per sciogliere l’intricata matassa messa in scena nei nuovi episodi. O meglio i suoi ricordi, misteriosamente confusi, che Bernard cercherà di sbrogliare (e noi insieme a lui) per ricostruire l’intera vicenda. D’altro canto, anche per l’Uomo in nero non mancano incursioni nel passato. Un passato difficile e doloroso, che – al pari di Bernard – metterà a serio rischio la sua lucidità. E qui ritorna il rovesciamento dei ruoli, che sottolinea la padronanza di sé, il controllo assoluto di Maeve e di Dolores, in netto contrasto con lo smarrimento di Bernard e dell’Uomo in nero, spesso incapaci di scindere passato e presente, realtà e finzione.

Westworld riconferma allora la sua anima femminista, con personaggi femminili che si salvano da soli, lottano per ciò in cui credono e compiono scelte difficili, anche controverse. Non mancano poi i tanti momenti di riflessione sul rapporto uomo-macchina, sulla natura dell’essere umano, sulla tecnologia usata senza scrupoli. A volte con toni didascalici ma mai veramente noiosi. E questa è l’altra grande vittoria di Westworld: ogni episodio aggiunge ed espande ragionamenti, pensieri, deduzioni senza quasi mai strafare e appesantire il racconto.
Molto si potrebbe e dovrebbe dire sulle musiche magnifiche, sul cast eccelso, sulla fotografia splendida al pari della prima stagione. Eppure, alla fine, la grande differenza la fanno i personaggi: Dolores, Maeve, Bernard, William, e poi Teddy, Sizemore, Ford, secondari ma non per questo minori. C’è chi vince, chi perde, chi si rialza. Il viaggio dell’eroe, o meglio degli eroi, non si è ancora concluso ma ora non è più il viaggio in sé, affascinante, labirintico, criptico, il cuore dello show. Sono i suoi eroi, per l’appunto, non più pedine nel gioco di Ford/degli autori, che paiono allentare la presa per dare maggiore centralità ai loro personaggi. Sempre più umani, autonomi, e proprio per questo appassionanti.