Featured Image

Vestito per uccidere

1980
Titolo Originale:
Dressed to Kill
REGIA:
Brian De Palma
CAST:
Michael Caine (Dr. Robert Elliott/Bobbi)
Angie Dickinson (Kate Miller)
Keith Gordon (Peter Miller)

Il nostro giudizio

Vestito per uccidere è un film del 1980, diretto da Brian De Palma 

Kate Miller, un’attraente casalinga quarantenne (Angie Dickinson) trascurata dal marito e forse ninfomane, paziente dell’ambiguo psicanalista Robert Elliott (Michael Caine), viene uccisa sotto gli occhi di Liz, una ragazza squillo (Nancy Allen, già apparsa in Carrie e moglie di Brian De Palma). Liz, ingiustamente sospettata del delitto, insieme al figlio della vittima (Keith Gordon), prova a smascherare l’identità del maniaco omicida, un travestito di nome Bobbi, paziente del Dr Elliott, che si assume la paternità dei delitti… Vestito per uccidere è un thriller hitchcockiano che puzza di sesso, non proprio originalissimo nella trama, ma tra i lavori di De Palma più densi di mirabolante virtuosismo registico. Racconto dell’immagine scritta sul corpo, della sessualità e delle ossessioni, del riscatto e della violenza. De Palma sfoggia tutti i suoi tratti distintivi – lo split screen, qui portato quasi al parossismo -, lunghi piani sequenza (l’indimenticabile scena di Kate che cerca disperatamente uno sconosciuto in una galleria d’arte), insieme a quella che De Palma definisce “geography of the location”, la cui accurata descrizione, impressa nel suo occhio, e di conseguenza nella pellicola, basta da sola a determinare la suspense.

dentro 1

Se in Carrie De Palma si scagliava contro la società americana e il tarlo della religione, sempre con il dito puntato (o il tampax) verso il diverso – la freak-Carrie -, qui si scaglia contro il sesso, deviato o deviante (non dimentichiamo che siamo nei primi anni 80, quando i gay erano visti come colpevoli del flagello dell’AIDS). L’occhio del regista, s’insinua nelle vite, penetra nelle docce, s’intrufola tra le lenzuola e nella figa di Kate. Il risultato non consola, anzi, sembra quasi una condanna. Fobia del sesso, del gender confused e delle malattie, cui fanno da sfondo le strade sporche e fumose americane. Le associazioni gay se lo mangiarono vivo, De Palma. Il quale costruì Vestito per uccidere basandosi sul voyeurismo e sulla paura di guardare. Il sesso visto come peccato e punizione – chi scopa troppo muore, chi non scopa va fuori di testa – la vita che si specchia nell’immagine cinematografica, specchio dietro cui spiamo noi stessi le vite storte degli altri. Vestito per uccidere è forse, dopo Carrie, il film più cattivo e politicamente scorretto di De Palma. Una pellicola misogina del desiderio e del desiderio negato, specchio della società ottusa, dello spavento.

dentro 2

Scalpore suscitarono diverse scene, ma soprattutto quella in cui Angie Dickinson si masturba sotto la doccia che De Palma aveva voluto in quanto sex symbol del cinema anni Settanta. Scoppiò un casino quando, nel tempo, si seppe che i dettagli del corpo della donna che si abbandona all’autoerotismo non erano quelli della Dickinson ma di certa Victoria Lynn, modella di Penthouse, che l’aveva doppiata. Tant’è che l’origine di Omicidio a luci rosse (Body Double in originale, ossia controfigura) va proprio identificata in questa faccenda collegata a Vestito per uccidere. Nell’ambito dei trivia del film, bisogna poi citare una teoria derivazionista, secondo cui nel giallo italiano di Giuliano Carnimeo Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? del 1972, sarebbe contenuta una scena di aggressione in un ascensore a colpi di rasoio che Brian De Palma copiò pari pari o quasi nel suo thriller. Addirittura con lo stesso taglio di inquadrature.