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Vampires

2010
Titolo Originale:
Vampires
REGIA:
Vincent Lannoo
CAST:
Carlo Ferrante (Georges)
Vera Van Dooren (Bertha)
Pierre Lognay (Samson)

Il nostro giudizio

Quando si dice entrare nella tana del lupo: intervista ad una famiglia di vampiri. Un POV fuori dagli schemi ed ironico…

George Saint-German è un vampiro. Anche sua moglie, Bertha, e i suoi due figli Samson e Grace sono vampiri. Hanno denti aguzzi, dormono in bare di legno e non possono esporsi alla luce del giorno. La loro immagine non viene riflessa negli specchi e un insolito pallore (s)colora i loro volti, eppure all’apparenza sembrerebbero una famiglia normale. Pure troppo normale. Intorno al focolare domestico, infatti, padre e madre si arrovellano per l’educazione dei figli, fratello e sorella si punzecchiano vicendevolmente come in una famiglia qualsiasi, si litiga per avere i propri spazi e alla fine ci si riconcilia intorno a un tavolo per pranzare tutti insieme. Solo che qui il simposio offre un’unica pietanza: una giovane donna dal sangue purissimo su cui i commensali si avventano voracemente per succhiare il suo sangue fino all’ultima goccia. Anzi, la penultima, perché il suo cuore non deve mai smettere di pulsare.

Poi ci sono gli amici, altre creature delle tenebre con cui, di tanto in tanto, ci si ritrova per parlare del più e del meno, o per fare festa. E quale modo migliore di festeggiare una ricorrenza, se non quello di prendere d’assalto un casolare sperduto nelle campagne e fare mambassa delle anime che vi abitano? Insomma, non si può proprio dire che ai Sait-German manchi il senso dell’unione e della comunità, ma stiamo pur sempre parlando di vampiri (!?).
Il bello è che nonostante tutti i cliché siano al loro posto, l’immagine che ne esce, così come (l’inedito) punto d’osservazione da cui è narrata la storia, è quanto di più originale il cinema vampiresco del dopo Twilight abbia saputo proporre. Via i personaggi patinati à la Edward e Bella, via l’irruenza selvaggia à la 30 giorni di buio, o Daybrekers,  via il respiro epico à la Intervista col Vampiro per dare spazio al lato (dis)umano di chi, come il vampiro appunto, è condannato a vivere in eterno in un mondo che dalla notte dei tempi gli è ostile.
Il regista belga Vincent Lanoo, classe 1970, la cui filmografia è composta da una manciata di titoli misconosciuti ai più, gioca la carta del mockumentary, facendo raccontare la storia ad una troupe televisiva, per rinvigorire una delle icone cinematografiche più longeve di sempre. E c’azzecca. Non che il film sia un capolavoro, ma diverte molto e sia lascia gustare fino alla fine senza perdere di interesse. Vampires è una commedia horror che indaga con ironia le difficoltà di integrazione e di adattamento di una famiglia di vampiri nella società contemporanea, regalandoci pure qualche personaggio da antologia. La figlia Grace, ad esempio, che in piena crisi pseudo-adolescenziale vorrebbe provare sentimenti umani, soffrire come loro (cioè noi), e allora prova a impiccarsi all’intercapedine della porta per cercare di morire, ma non vi riesce perché i vampiri sono immortali… Scena cult: verso la fine, uno dei personaggi (vampiri) confessa alle telecamere di aver fatto la comparsa nella Corazzata Potemkin, e viene mostrata la celebre sequenza della carrozzina sulla scalinata con lui (ovviamente, indistinguibile!) riverso sui gradini e cerchiato da un tondino rosso per evidenziarne la presenza. Da ghignare!