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Trauma

2017
Titolo Originale:
Trauma
REGIA:
Lucio Alejandro Rojas
CAST:
Catalina Martin (Andrea)
Macarena Carrere (Camila)
Ximena del Solar (Julia)

Il nostro giudizio

Trauma è un film del 2017, diretto da Lucio Alejandro Rojas.

In Sudamerica, abbiamo visto più volte, sta nascendo una valida generazione di registi horror e thriller: il cileno Lucio Alejandro Rojas, già autore di Zombie Dawn, Perfidia e Sendero, raggiunge l’apice della maturità con Trauma, uno tra i film più estremi e disturbanti degli ultimi anni. Vari critici hanno fatto un paragone con il famigerato A Serbian Film (2010) di Srdan Spasojevic, con cui – pur non raggiungendo i picchi di nefandezze mostrate – condivide vari elementi: il gusto per una messa in scena insistita dell’orrore e della perversione senza tabù, la cura formale (estetica e narrativa) che lo distingue dagli innumerevoli torture-porn semi-amatoriali rendendolo un film maturo e robusto, e il sotto-testo politico. Trauma viene infatti concepito da Rojas (autore anche dello script) come una denuncia, traslitterata in un durissimo rape & revenge, degli orrori compiuti dal regime di Pinochet (la didascalia iniziale dichiara di basarsi su fatti realmente accaduti). Il prologo si svolge nel 1978, sotto la dittatura, in un edificio dove risuonano le urla degli sventurati sottoposti alle barbarie, e un generale sta torturando la moglie, colpevole di averlo tradito con un dissidente comunista: legata a una sedia e pestata a sangue, è costretta a subire violenza sessuale dal figlio a cui è stata somministrata una droga, infine uccisa con un colpo di pistola in testa mentre il ragazzo continua l’amplesso. Rojas mette subito le carte in tavola, facendo capire allo spettatore ciò che si troverà di fronte. L’azione si sposta nel 2011 a Santiago, dove quattro ragazze – le fidanzate Camila (Macarena Carrere) e Julia (Ximena del Solar), protagoniste di una scena lesbo abbastanza spinta – e le loro amiche Andrea (Catalina Martin) e Magdalena (Dominga Bofill) – intraprendono un viaggio in una località rurale.

Senza dare ascolto agli avvertimenti dei locali, le quattro si insediano in una casa lasciandosi andare al divertimento: ma nei paraggi, là dove anni prima i militari praticavano le torture, abita il feroce Juan – il ragazzino visto all’inizio – la cui mente è stata sconvolta dagli orrori che ha visto e subito. Ora vive con la sorella, tenuta incatenata, e il loro figlio demente Mario: i due uomini entrano in casa delle ragazze, le stuprano, le torturano e uccidono Magdalena. Quando assistono al rapimento di una bambina, le tre superstiti decidono di reagire, e con l’aiuto di un poliziotto si recano nell’enorme fabbrica abbandonata dove abita Juan per fare giustizia. Lo schema narrativo è quello tipico del rape & revenge, sul modello di Non violentate Jennifer per intenderci, ma spinto ancora oltre. E se il sotto-testo politico può apparire come un po’ forzato (siamo in un film d’exploitation, non di denuncia), Trauma funziona a meraviglia come horror e revenge-movie, se si ha lo stomaco abbastanza forte da sopportare tutto ciò che Rojas ci fa vedere, perché la regia non lascia nulla o quasi nel fuori-scena, butta in faccia allo spettatore violenza, gore, splatter e perversioni assortite. Lo stupro è descritto in modo crudo e brutale, senza filtri, in una lunga sequenza dove gli amplessi e le percosse culminano in una scia di sperma e sangue – a Magdalena viene strappata la guancia con un morso (come fa De Niro in Cape Fear di Scorsese), poi le viene fatta saltare la testa con un colpo di pistola.

La vendetta sarà altrettanto brutale e sanguinaria, tra facce spaccate in due, corpi sventrati e altri sciolti dall’acido. Da segnalare anche due tremendi flashback – il generale del prologo che obbliga il figlio a sverginare con le dita la sorellina neonata (fuori scena, ma comunque agghiacciante) e lo stesso militare che strappa il feto dal grembo di una donna, come George Eastman in Antropophagus. Il fatiscente edificio di Juan occupa tutta la parte “revenge” della storia (ma è presentato con un sapiente montaggio alternato anche in precedenza), un ambiente sporco e infernale dove vive una famiglia disfunzionale degna di Non aprite quella porta o dell’immaginario di Rob Zombie (si praticano incesto e cannibalismo). La regia di Rojas ha il merito di non abbandonarsi al puro splatter, costruendo innanzitutto una solida storia con personaggi robusti – le ragazze sono più che semplici scream-queen e conoscono un’evoluzione che le farà combattere e porterà la final-girl alla follia, in un ulteriore guizzo finale di ingegnosa malvagità, mentre i torturatori – in primis Juan (interpretato dal granitico Daniel Antivilo) fanno davvero paura. Molto curate, in Trauma, la fotografia e la colonna sonora, con musiche martellanti un po’ in stile Goblin. Curiosità: i fratelli Onetti, altri protagonisti dell’horror sudamericano, compaiono qui fra i produttori associati.