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The Wall

2017
Titolo Originale:
The Wall
REGIA:
Doug Liman
CAST:
Aaron Taylor-Johnson (Sergente Allen Issac)
John Cena (Sergente Shane Matthews)
Laith Nakli (Juba)

Il nostro giudizio

The Wall è un film del 2017, diretto da Doug Liman

Vagliando con estrema attenzione le più recenti derive del war movie, sembra possibile ravvisare una certa spiccata tendenza nel ridurre progressivamente la componente spettacolare e caciarona, tipica di molti prodotti d’inizio millennio, in favore di racconti decisamente più intimi e psicologici, laddove la vera lotta da combattere e vincere non è più quella rivolta all’Altro  bensì quella verso sé stessi e  i propri fantasmi. Se, dunque, l’inusuale e affascinante Mine – e in minor parte la copia-carbone francese Passo falso – può rappresentare un caso esemplare in tal senso, ecco che con The Wall il buon vecchio Doug Liman sembra essere (parzialmente) rientrato nei ranghi dopo alcuni deprecabili passi falsi, dando vita a un insolito kammerspiel bellico all’aria aperta, infarcito di action e colte citazioni filosofico-letterarie, il tutto rimanendo all’interno dei più rigidi dettami di un filone di recentissima fattura che potrebbe essere ribattezzato “alone survival war movie”. Attraverso una straordinaria performance attoriale quasi interamente in solitaria targata Aaron Taylor-Johnson, il plot di The Wall si rivela a tutti gli effetti qualcosa di davvero semplice ma straordinariamente efficace: il soldato americano Isaac, di stanza in Iraq durante le fasi di smobilitazione delle truppe statunitensi dal territorio, si trova costretto a cercare riparo all’ombra di un misero e diroccato muro di mattoni nel mezzo del deserto, nel tentativo di sfuggire a un cecchino talebano (Laith Nakli) appostato chissà dove, mentre il proprio compagno, il sergente Matthews (John Cena), giace agonizzante a pochi metri di distanza in pieno campo aperto.

dentro 1

In un serrato confronto a distanza messo in atto attraverso una ricetrasmittente, vittima e carnefice (tutto dipende dal punto di vista) si scambiano confidenze sempre più intime, rivelando ciascuno una porzione via via maggiore del proprio vissuto e facendo emergere i demoni del proprio passato. Attraverso un ritmo incalzante – seppur nell’apparente immobilità delle coreografie rese possibili da una tale situazione di stallo –, Liman riesce a imbastire magistralmente una querelle eminentemente vocale che ricorda la struttura di In linea con l’assassino, laddove il gioco del gatto col topo via etere diviene l’ingranaggio principale attraverso il quale far avanzare indirettamente la narrazione, permettendo un progressivo scavo psicologico in profondità nella backstory dei personaggi e acquisendo tutte le qualità di un’autentica seduta psicanalitica in terreno di guerra.

dentro 2

Seppur con qualche rallentamento nella fase centrale, in concomitanza dell’emergere di un discorso dichiaratamente più politico riguardo le ragioni che spingono entrambe le forze in gioco – per motivi solo apparentemente differenti – a combattersi fra loro, The Wall riesce nel difficile compito di tenere desta l’attenzione dello spettatore, giocando la carta della critica postmoderna al machismo bellico a stelle e strisce e puntando su di un epilogo tanto raggelante quanto dolorosamente verisimile che contribuisce a considerare la nuova arte della guerra sotto un’angolazione del tutto inusuale. Non serve, dunque, tirare in ballo Shakespeare o Poe per capire che il nostro nemico, spesso foraggiato dalle nostre stesse risorse, è pronto a giocare d’astuzia, impiegando le sue (e le nostre) armi su di un versante più psicologico che non materiale, rivelando non solo di possedere un intelletto ma anche un’anima piena di genuine motivazioni.