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The Vanishing – Il mistero del faro

2018
Titolo Originale:
Keepers
REGIA:
Kristoffer Nyholm
CAST:
Gerard Butler (James Ducat)
Peter Mullan (Thomas Marshall)
Connor Swindells (Donald McArthur)

Il nostro giudizio

The Vanishing – Il mistero del faro è un film del 2018, diretto da Kristoffer Nyholm.

Per quale motivo i misteri piacciono così tanto? Sarà forse perché, in un modo o nell’altro, pescano sempre e comunque dalla verità? Oppure perché, comunque la si voglia mettere, non possono mai essere svelati fino in fondo? Una cosa è certa: i misteri sono il vero ingranaggio che muove gran parte del cinema di genere di ieri, di oggi e, si spera, anche di domani. Ed è proprio su di un gran bel mistero che The Vanishing – Il mistero del faro poggia le proprie tozze e ben salde zampone, per la precisione sul famigerato enigma delle isole Flannan, sperduto e aspro atollo al largo della costa occidentale scozzese dove, nel piovoso dicembre del 1900, i tre guardiani dell’imponente faro di Eilean Mòr scomparvero nel nulla, lasciando dietro di sé nient’altro che polvere, letti sfatti, orologi fermi e una seggiola ribaltata. Un whodunit  degno del miglior mistery di Agatha Christie, condito con un pizzico di leggenda popolare che richiama alla mente la celebre comunità desaparecida di Roanoke, magistralmente manipolato e messo in scena da quel ruvido danese di Kristoffer Nyholm, uno che la ruggine ce l’ha fin dentro al midollo, essendo rimasto a lungo culo e camicia con taglienti produzioni televisive del calibro di The Killing e nientepopodimedo che Taboo.

Supportato dall’umida fotografia del fido Jørgen Johansson, dalle tesissime sonorità di Benjamin Wallfisch e facendo uso di una strepitosa triade attoriale composta dal tostissimo Gerald Butler, da un ruvido Peter Mullan versione Capitano Achab e dal giovane Connoer Swindells, Nyholm costruisce un ottimo thriller marinaresco, quasi interamente stipato tra i gelidi mattoni del vecchio faro che fa da campana d’incubazione alla progressiva disgregazione dei rapporti sociali tra una micro comunità di esseri umani abbandonati a sé stessi, lasciando da parte ogni possibile implicazione esoterico-sovrannaturale in favore di un semplice ma spietato racconto imbevuto di senso di colpa. Ed è appunto la colpa con tutti gli annessi e connessi a costituire il cuore pulsante dell’ottimo script imbastito a quattro mani da Celyn Jones e Joe Bone, i quali offrono un’interessante interpretazione del famigerato e chiacchierato enigma di Flannan che, almeno per una volta, non si getta a capofitto nel mare magnum delle facili derive ultraterrene ma specula con saggezza e lucidità su di una più che realistica e verosimile risoluzione dettata da un letale mix di avidità, fato e cattiveria umana.

Un climax sapientemente dosato che parte in sordina per poi esplodere senza controllo, il quale, tuttavia, paga certamente lo scotto di un ritmo a volte eccessivamente decrescente e di un espediente narrativo che, una volta svelato il proprio arcano, rischia di perdere mordente su tutti coloro che covano ben altre aspettative. Va detto infatti che si aspetta una nuova variazione delle innominabili mostruosità lovecraftiane sul modello del Cold Skin di Xavier Gens, rimarrà certamente deluso o quantomeno spiazzato, poiché The Vanishing è, prima di ogni altra cosa, un’epopea di egoismo e di isolamento sociale degna del miglior Herman Melville, un racconto d’altri tempi ricco di strisciante tensione che, seppur convogliando verso un epilogo di una violenza semplicemente stordente, si regge quasi interamente sulla lama di dialoghi taglienti e su performance attoriali di grandissima qualità. Un film che, nonostante la propria spiccata natura di genere, richiede un’insolita pazienza e coinvolgimento da parte dello spettatore, il quale, se saprà abbandonarsi interamente alle perturbanti atmosfere apparecchiate da Nyholm, quasi sicuramente uscirà più che soddisfatto dai centootto minuti di visione, al pari del caloroso pubblico del Festival di Sitges.