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The Tale

2018
Titolo Originale:
The Tale
CAST:
Elizabeth Debicki (Mrs. G)
Laura Dern (Jennifer)
Jason Ritter (Bill)

Il nostro giudizio

The Tale è un film del 2018, diretto da Jennifer Fox

Il cinema ha una sua geometria, proprio come le case e le altre strutture architettoniche che sono fatte dal susseguirsi di pieno e vuoto, concavità e intervalli spaziali. Anche The Tale segue questa logica qui, quella degli architetti più che dei registi, o dei registi-architetto, che levigano e cesellano fino a quando la loro opera sussume al concetto in sé, all’idea che tutto ispira e trascina. Senza filtri, elaborazioni, trasformazioni. Minimalismo puro, essenzialità. Non è cinema zen, non è cinema della sottrazione. Anzi, Jennifer Fox, documentarista delle relazioni famigliari (suo è My Reincarnation, 2010, che supera e al contempo anticipa Boyhood per le lunghissime tempistiche di lavorazione, circa una ventina d’anni), non pensa proprio a sottrarre, a togliere: lei non mette, non elabora, non fa. The Tale, come il titolo suggerisce, è la storia (delle storie), quella di uno stupro che la stessa regista subisce a tredici anni. Non c’è il desiderio di fare cinema, qui dentro, ma soltanto quello di inscenare, di collocare fisicamente su diversi piani temporali, che si accostano alle volte seguendo e alle altre anticipando, che si inanellano senza intrecciarsi e soprattutto senza mai nulla aggiungere all’ovvio.

The Tale è un fatto, che è sgusciante e misterioso soltanto nel diritto consuetudinario di lassù, nelle brumose terre d’oltremanica, dove ancora si distingue tra lo stupro propriamente detto e lo statutory rape: quel reato per il quale c’è sì rapporto sessuale non coercitivo, ma una delle parti in causa non ha raggiunto l’età del consenso. È appunto il caso della Fox, all’epoca inesperta cavallerizza nel maneggio di alcuni conoscenti che, comprensibilmente incapace di distinguere tra un gesto cordiale e una avance di ben altra natura, finisce irretita nelle maglie di un rapporto a tre: l’istruttore (interpretato da Jason Ritter nella versione giovane, da John Heard in quella senior: quest’ultimo deceduto poco dopo il termine delle riprese); e la di lui compagna (Elizabeth Debicki). Tutto qui, The Tale illustra una via crucis sulla strada della consapevolezza, costellata da un groviglio di sentimenti contrastanti, la negazione, la rabbia, il disgusto, e infine la probabile redenzione che, seguendo dinamiche da almanacco di psicoanalisi, diventa tappa obbligata di un film-manifesto. Il montaggio è perciò lineare, tutto è come dovrebbe essere in una forma del racconto che, se fosse stata appena un po’ meno ardimentosa, un po’ più conservatrice, avrebbe rischiato di affondare nei pantani della televisione.

Certo The Tale, che non è né vuole essere grande cinema, ha qualcosa di sporco, di lurido, che ti resta attaccato addosso non per ciò che mostra, ma proprio per il contorno: freddo, glaciale, che tira un po’ in ballo una certa messa in scena dell’ultimo Atom Egoyan. Ed è tanto più interessante quanto più sfonda la quarta parete, con una regista che dà una interpretazione di se stessa per interposta persona. La Fox ripensa il biopic, che è storia inscenata da altri, eccede il documentario e fa del cinema personalistico in cui è direttamente regista e indirettamente attrice di sé. Elegge cioè i suoi attori a capro espiatorio, caricandoli, catarticamente, di tutte le colpe che per molto tempo si è attribuita, dapprima negandole, quindi esteriorizzandole. La stessa regista, nel film, si sdoppia, anzi si triplica: la sé adulta, affidata a Laura Dern, è bionda e affusolata; la Fox, nella realtà, è corvina e con uno sguardo enigmatico, indecifrabile. Per la propria versione adolescenziale sceglie altre due attrici (Isabelle Nélisse e Jessica Sarah Flaum) che, per quanto tra loro simili, con la Dern (e con lei stessa) c’entrano fisicamente poco. Alla Fox resta però un merito: aver valorizzato, forse per la prima volta, la splendida livrea di Elizabeth Debicki. Non la conoscete, vero? Eppure è un po’ come il prezzemolo, la si trova dappertutto ma come contorno, che si sente ma non si nota: Il grande Gatsby (2013), Everest (2015) e un Widows di prossima uscita per la regia di Steve McQueen. Nessuno l’aveva mai collocata su un così alto, sublime piedistallo, nessuno si era mai spinto fino al punto di scavare la pietra, tutt’attorno, per cavarne fuori il meglio, il bello, il meraviglioso: capelli corti, biondi, che incorniciano un’espressione ipnotica, quella della donna perfetta o della perfetta mangiatrice di uomini. E la Fox, incredibile, non si ferma qui perché, per farne la versione più in là con gli anni, ricorre a Frances Conroy. Meno malleabile, la Conroy, priva di ambiguità, di interpretazioni: è lei il volto lombrosiano della folle profetessa nella serie tv The Mist.