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The Other Side of the Door

2016
Titolo Originale:
The Other Side of the Door
REGIA:
Johannes Roberts
CAST:
Sarah Wayne Callies (Maria)
Jeremy Sisto (Michael)
Sofia Rosinsky (Lucy)

Il nostro giudizio

The Other Side of the Door è un film del 2016, diretto da Johannes Roberts

Non sono in molti ad aver sentito parlare di Johannes Roberts. È un regista inglese, forse un mestierante, che ha cominciato sin da giovanissimo a dirigere film di genere per l’home video, restando per lungo tempo confinato al low-budget. Tra i suoi titoli più noti si ricorda senza dubbio La foresta dei dannati (Forest of the Damned, 2005), il thriller on the road Roadkill (2011) e il fantascientifico Storage 24 (2014). Con The Other Side of the Door abbiamo invece il salto di qualità. Galeotto è stato senza dubbio il budget maggiorato, e galeotto del budget è stata l’amicizia di vecchia data che il regista vantava con i produttori indiani.Tutto parte dall’idea di una porta, la famigerata soglia tra il mondo dei vivi e quello dei morti che ormai è diventata una sorta di ossessione per il cinema di paura: qui abbiamo un tempio indiano, grande, maestoso e abbandonato, e abbiamo una coppia straniera (Sarah Wayne Callies e Jeremy Sisto) che ha appena perso il figlio maschio, Oliver, in seguito a un terribile incidente stradale. Cosa c’entrano le due cose è presto detto: dopo la scomparsa del bambino, la donna entra in una profonda crisi depressiva che la spinge addirittura a tentare il suicidio. Salvata per tempo, finisce in ospedale, dove incontra una specie di santona locale che la convince a riesumare le spoglie putrefatte del figlio per usarle in un pericoloso rituale sacro. In questo modo, portando le ceneri al tempio, offrendole agli dei, la madre potrà incontrare lo spirito dell’amato e dargli l’estremo saluto prima della partenza definitiva per l’aldilà. La sola regola da rispettare è non aprire quella porta, un grande uscio sbarrato dietro il quale si muovono, pallide ma pericolose, le ombre dei defunti. Purtroppo la donna affranta dal dolore contravviene alle direttive della maga, e in un impeto di speranza spalanca il battente, permettendo ai demoni di strisciare nel mondo dei viventi.

Roberts, sotto la supervisione del suo mentore Alexandre Aja (tra i produttori della pellicola), non si sposta più del dovuto dai saldi binari della storia di fantasmi, non ci mette molto di suo e si limita a dirigere come un fine artigiano. Non è un difetto, però, perché a suo modo il film funziona, raggiunge un equilibrio intelligente e la sceneggiatura, scritta insieme a Ernest Riera, si sviluppa attraverso immagini costruite, congetturate, inserite nel modo migliore e soprattutto al punto giusto. La riesumazione del bambino morto, un chiaro riferimento a Pet Sematary, opera del terrore tanto amata dal regista, è un piccolo gioiello di disgusto, con la salma corrotta che si decompone tra le mani della donna, il buio dei sepolcri, l’insana sensazione di qualcosa che sta per accadere. Per il resto del film, la paura si insinua negli angoli dell’abitazione di questa coppia di stranieri, si nasconde, appare nei momenti più importanti, come cavalcando il climax che il contorno gotico riesce a rappresentare.

D’altronde dell’India non vediamo molto, The Other Side of the Door è piuttosto un’opera di interni, una grande casa, un giardino, strutture chiuse che si trasformano nelle prigioni inconsapevoli di un orrore squisitamente psicologico. È infatti lì che lo spirito di Oliver manifesta le sue energie ultraterrene, apparendo sotto forma di zombi corrotto, arrivando ad annegare in una fontana la santona indirettamente responsabile della sua resurrezione, mordendo la sorellina indifesa con i suoi denti inumani. Roberts ruba all’India i suoi spiriti, le sue fantasie, le superstizioni che proliferano nelle periferie e nei quartieri miserabili, e le rende fisiche, dotate di corpo materiale. Come sempre, la scelta più azzeccata è quella di Javier Botet, flessuoso personaggio capace di adattarsi ai ruoli più mefistofelici come la Niña Medeiros nella serie [Rec] o lo spirito errabondo ne La madre (2013). Qui è Myrtu, inquietante guardiano dell’Ade, celere nel punire gli umani che violano il sacro spazio del tempio, le sue porte e i suoi altari.