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The museum of wonders

2010
Titolo Originale:
The museum of wonders
REGIA:
Domiziano Cristopharo
CAST:
Interpreti e personaggi Elda Alvigini (La Pazza)
Lucia Batassa (Marion)
Maria Grazia Cucinotta (Il Fantasma della Nonna)

Il nostro giudizio

The museum of wonders: il circo delle meraviglie diretto da Domiziano Cristopharo.

Inequivocabilmente The museum of wonders spicca tra i film della produzione cinematografica italiana corrente turbando lo spettatore con le sue ammalianti ed eccentriche immagini dal sapore retrò, forzando un poco la sua resistenza all’attenzione. Il film si compone di un infinito rimando di citazioni, alcune esplicite altre che divengono solo sapienti accenni, a opera di un autore che attinge alla sua formazione poliedrica: oltre che regista Domiziano Cristofaro è un cantante lirico, un tatuatore, un body artist ed un attore. Così nei fotogrammi iniziali una luna dal volto e la voce di Giovanna Nocetti ride sovrastando il cielo in un duplice riferimento al Le Voyage dans la lune di Méliès e alla sequenza finale della Voce della luna di Fellini.

Oltre a richiamare un chiaro immaginario cinematografico, dagli uomini mostruosi e il ventriloquo di Tod Browning alle atmosfere oniriche e circensi di Fellini, Cristofaro si serve dell’iconografia delle sottoculture. Riprende l’estetica del dark cabaret in cui si fonde vaudeville, opera e musica (dai Tragic Tantrum Cabaret e dai Tiger Lillies), i nei suoi sketch di canto lirico; e quella dell’ old school tatoo, raffigurando una dissacrante madonna (Maria Rosaria Omaggio) nello stile dei tatuaggi messicani. Ripropone anche una delle sue performance con il Bloody cabaret, in cui come se fosse una marionetta, dei fili gestiscono i suoi movimenti che sono direttamente conficcati nella carne delle sue manie e delle sue gambe. La trama della pellicola ripercorre in maniera quasi pedissequa quella di Freaks, ai protagonisti sono stati dati dei nomi biblici Salomè e Sansone (un Francesco Venditti che ritrova la forza nella sua lunga chioma). Ci aspettavamo che la seduttrice del nano venisse trasformata in donna-gallina mentre una variazione agli avvenimenti propone una conclusione ancora più truculenta in cui Salomè è costretta a divorare le interiora dell’amante.

La forza del film di Browning sta nell’impatto dirompente che ha l’utilizzo di veri corpi mostruosi o deformi nella finzione cinematografica. Mentre in The museum of wonders ogni referenza con la realtà è negata, ogni fotogramma è maestosamente costruito in un apologia al fascino discreto delle cose storte. I freaks postmoderni di Cristofaro sono tanto mostruosi quanto affascinanti, tra le personalità tipiche del circo (il nano, la donna barbuta…) vi sono i “diversi” della nostra epoca: un uomo completamente tatuato con innesti di body modification e una donna meccanica che sta in piedi grazie a delle protesi degli arti. Le loro vicende si svolgono in ambientazioni altrettanto affascinanti: le location del film sono il suggestivo Casale della Cervelletta e quella che sembra l’architettura fantastica della Scarzuola. La forza del regista è nel creare immagini e situazioni emblematiche, ad esempio quella della donna barbuta che si riappropria della sua femminilità radendosi. Nel film si susseguono queste figure paradigmatiche che tendono a voler proferire delle verità assolute e si perdono in elucubrazioni filosofiche. Il suo talento visivo è innegabile e promettente ma la visione del film è infastidita da una intenzionale recitazione troppo calcata e teatrale e dai personaggi che sembrano un po’ parlarsi addosso. Così il Museum of Wonders si rivela una macchina celibe, un intrigante complesso di meccanismi di cui non riusciamo chiaramente a vedere il funzionamento.