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The Clovehitch Killer

2018
Titolo Originale:
The Clovehitch Killer
REGIA:
Duncan Skiles
CAST:
Charlie Plummer (Tyler)
Dylan McDermott (Don)
Madisen Beaty (Cassi)

Il nostro giudizio

The Clovehitch Killer è un film del 2018, diretto da Duncan Skiles.

Ci sono film così straordinari la cui visione non è solo un obbligo civico, ma anche e soprattutto un essenziale toccasana per l’esistenza stessa. Ve ne sono altri che, invece, pur non essendo così eccezionali, un’occhiatina se la meritano senz’altro. Vi è infine una terza categoria di pellicole che, come The Clovehitch Killer, rientrano nella casistica della pura e semplice inutilità. Non che il secondo lungometraggio di Duncan Skiles sia poi questa gran schifezza, tutt’altro! Ben confezionato, onestamente diretto, discretamente recitato e, tutto sommato, intelligentemente scritto. Un bel compitino, insomma, la cui ragion d’essere però non è ancora possibile da ravvisarsi, soprattutto alla luce di un cinema di genere che di killer più o meno seriali dal volto apparentemente pulito e ben rasato ce ne ha vomitati addosso più che a sufficienza. Certo, uno in più o in meno non fa poi questa gran differenza, soprattutto se a impersonarlo è quel gran (ex) sex symbol di Dylan McDermott, qui nelle vesti – decisamente imbolsite – di un padre e marito modello, leader dei boyscout, dedito filantropo e incrollabile paladino di fede.

L’uomo che tutti amano amare, insomma! Non fosse che qualcosa di oscuro e pericoloso sembrerebbe proprio annidarsi dietro questa zuccherosa e accomodante facciata, così come iniziano a sospettare molto presto il giovane figlioletto Tyler (Charlie Plummer) e la di lui ribelle sguinzetta Kassi (Madisen Beaty). Indagando sempre più a fondo, i due imberbi detective di periferia verranno a contatto con il twinpeaksiano lato oscuro della loro ridente cittadella, portando alla luce i segreti che si annidano dietro all’identità del misterioso assassino che da anni se la scorrazza bellamente in lungo e in largo senza pagare la tassa di soggiorno. In The Clovehitch Killer gli ingredienti per qualcosa d’interessante ci sono proprio tutti. Gli attori, poi, sono certamente di un livello ben sopra la comune sufficienza. La regia di Skiles è chirurgica e, a tratti, solleticamente inquietante. Tutto (apparentemente) perfetto,  dunque. E allora dove sta il problema? Proprio nella storia stessa, un racconto che si brucia le carte in tavola nei primi dieci minuti, facendo schiumar via ogni residuo di suspense come una calda birra sgasata e procedendo per inerzia fino alla fine, senza la ben che minima intenzione di rimescolare un po’ il mazzo diligentemente apparecchiato.

Contrariamente al buon zio Hitchcock che ne Il Sospetto si prendeva la briga quantomeno di mettere strenuamente in discussione la natura criminale del buon Cary Grant fino all’ultimissima inquadratura, Skiles e il suo sceneggiatore Christopher Ford si guardano bene dallo spremere troppo le loro penne e le loro meningi, puntellandosi su di un’idea centrale, tutt’altro che occulta, attorno alla quale costruiscono la loro creatura, senza schiodarsi di un millimetro dalla via maestra. Il risultato finale è un fastidioso effetto da Criminal Minds, dove il conoscere anticipatamente l’identità del cattivone di turno azzera completamente la libido spettatoriale e, come se non bastasse, costringe il povero fruitore a imbarcarsi in un estenuante viaggio a passo ridotto tra situazioni prive di pepe, infarcite di momenti al limite del camp che trovano il loro momento di gloria in una sequenza di rapimento e costrizione bondage che pare uscita da commediola di John Landis. Va ripetuto che non ci troviamo assolutamente di fronte a un obbrobrio filmico buono solo per il riciclo della celluloide. Le intenzioni e la loro applicazione sono certamente di ottimo livello, così come non si discute l’onestà intellettuale e la competenza tecnica di Skiles e della sua cricca. Ciò nonostante, una volta che lo schermo si oscura e le luci tornano ad accendersi,  The Clovehitch Killer acquisisce lentamente la stessa valenza del renziano bonus da ottanta euro: bello, interessante, persin simpatico. Ma, all’atto pratico, drammaticamente inutile.