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The Childhood of a Leader

2015
Titolo Originale:
The Childhood of a Leader
REGIA:
Brady Corbet
CAST:
Tom Sweet (Prescott)
Bérénice Bejo (la madre)
Liam Cunningham (il padre)

Il nostro giudizio

The Childhood of a Leader è un film del 2015, diretto da Brady Corbet

Nel giro di pochi mesi, tra il 2014 ed il 2015, sono stati girati 3 film concernenti la maternità, o la figlitudine: Ich Seh Ich Seh, Mommy e The Childhood of a Leader. I protagonisti sono maschi: bambini difficili, come si diceva un tempo, oppure adolescenti disturbati, come si diceva un altro tempo. La macchina da presa li segue nel loro microcosmo domestico: un ambiente selettivamente permeabile, in quanto si apre alla visione ma si chiude alla comprensione. Più che padroni in casa propria, queste piccole canaglie sono dei, o despoti, del loro mondo. Tra i titoli citati, il più sfrontatamente ideologico, il più carico di aspettative sarebbe quello più pomposo, The Childhood of a Leader. Approcciamo l’opera con sguardo da sociologi, convinti di assistere ad un manifesto programmatico, su cause ed effetti universali della megalomania: ci troviamo invece davanti a un bambino, efebico, che lancia pietre ai suoi parrocchiani. Idea gustosa e iconoclasta, non fosse che il regista afferma essergli scaturita da un racconto sul giovane Mussolini, che, puerulo, prendeva a pietrate i suoi sodali. LVI o no, sin dai primi fotogrammi precipitiamo in un abisso cerebrale, seguendo le evoluzioni di Prescott il lapidatore, le sue tumultuose, incoercibili manifestazioni di volontà.

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Figlio di un alto diplomatico americano, Prescott vive in una grande magione, poco fuori dall’abitato di Parigi, assieme ad una madre tormentata – una via di mezzo tra la moritura Carmen, da Il Labirinto del Fauno, e la Grace di The Others – e ad un manipolo di cameriere. La Grande Guerra volge al termine, papà lavora febbrilmente ai trattati di Versailles e mamma lo ripudia, trincerando i suoi rifiuti sessuali dietro la più classica delle emicranie, covando al contempo altri interessi. Prescott è l’incompreso, un terzo incomodo in una No Man’s Land coniugale, allora trova rifugio tra le calde mammelle di una tata giunonica e nonnesca. I suoi giorni inquieti sembrano caratterizzati dai primi tormenti puberali: l’enigma dell’identità sessuale oscilla tra un capezzolo di donna, guardato inturgidirsi sotto la seta di una glauca camicia, e il gusto provocatorio di girare nudo, o in mise da femminuccia.

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Prescott si impone, non teme punizioni, non crede nella preghiera, come lui stesso urla durante un importante banchetto. Prescott è bipolare, è plusdotato, è paranoico? Non si capisce, di certo è un avantpunk, e il fascino perverso che sprigiona, il senso di indomita impunità, è effettivamente parente prossimo al carisma di un qualsiasi conducator del XX secolo. Sceneggia e dirige in modo maramaldo Brady Corbet, trentenne, già attore per Haneke e Von Trier, cui più volte strizza l’occhio Un film che rimane come un tatuaggio a forma di punto interrogativo, sugellato dalla stridente colonna sonora di Scott Walker.