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Stonehenge Apocalypse

2010
REGIA:
Paul Ziller
CAST:
Misha Collins
Torri Higginson
Peter Wingfield

Il nostro giudizio

Stonehenge Apocalypse: un regista televisivo per una pellicola televisiva con attori televisivi. Dopo i primi dieci minuti il film cade in picchiata e, tra effettacci già visti e una sceneggiatura verbosa, lo si guarda per inerzia.

La categoria di film forse peggiore è quella dei mediocri, cioè pellicole che non si possono definire né belle né brutte perché mancano della profondità delle prime ma non dispongono nemmeno del mortifero fascino delle seconde. Stanno lì in un limbo, quello degli ignavi che mai non furon vivi e, non sapendo da che parte andare, che direzione prendere e declinando ogni responsabilità, non hanno il coraggio di assumere una specifica identità. O perlomeno di provarci.

Il film di Paul Ziller, mestierante televisivo di lunga esperienza, è proprio un impasto di pigra indolenza e negligente poltroneria. Persino gli attori, risucchiati dal piccolo schermo e gettati alla rinfusa per far numero, passano tutto il tempo a guardarsi in faccia, chiedendosi chi sono e perché sono lì. Alla fine tutto si riduce a una triade farraginosa, un Misha Collins di Supernatural nei panni di uno scienziato disc-jockey (ma vallo a capire, comunque è uno dei buoni), la spigolosa Tori Higginson di Stargate: Atlantis e il cattivaccio di turno Hill Harper. Quali siano le relazioni tra loro, non è dato di sapere, o forse è lo spettatore che, fronteggiando una noia plumbea e tetra, non riesce a penetrare il meccanismo narrativo per coglierne tutte le debite sfumature.

Ci si potrebbe consolare con gli effettacci, tutti già visti e già superati da almeno un ventennio, dalle folgori bluastre e zigrinate con sottofondo elettrico alle esplosioni a buon mercato, compri tre e paghi due, che costellano il girato ogni quarto d’ora. C’è pure un inseguimento automobilistico con sparatoria, garbato e rispettabile, questo sì, peccato che i proiettili del villain Harper cadano sempre nello stesso punto, un centimetro sopra la testa di Collins. Tolto questo, il vuoto, il senso di inutile che un filmaccio senza né arte né parte riesce comunque a dare: suggestioni New Age in salsa apocalittica, troppo (involontariamente) goliardiche, sovraccariche e saturate perché qualcuno con un’età mentale superiore ai dodici anni possa trovarle interessanti.

Stonehenge Apocalypse non funziona, ma non tanto perché è un film televisivo (andato in onda su SyFy, canale specializzato in tematiche fantascientifiche), ma perché quando si lavora per accumulo si tende all’indigestione. Ziller spodesta ogni senso di mistero che il genere presupporrebbe, e preferisce raggiungere una sazietà visiva in realtà nemmeno ipotizzabile. Il risultato è una zavorra disordinata da cui non ci si libera facilmente, anche e soprattutto perché, eliminando il contorno narrativo già di per sé minimale, non resta nulla di sostanzioso da salvare. Se le premesse erano curiose, il film barcolla già dopo i primi dieci minuti, quindi cola a picco e lo si guarda per inerzia. Sperando di resistere fino in fondo.