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Slender Man

2018
Titolo Originale:
Slender Man
REGIA:
Sylvain White
CAST:
Joey King (Wren)
Julia Goldani Telles (Hallie)
Annalise Basso (Katie)

Il nostro giudizio

Slender Man è un film del 2018, diretto da Sylvain White

C’è un momento, in Slender Man, che da qualche parte nell’universo delle possibilità, o delle potenzialità inespresse, contiene i presupposti di un grande film. Addirittura di un grandissimo film, sulla paura. Anzi su qualcosa che sta un gradino più su, dove la pelle d’oca si increspa, ulteriormente, nell’angoscia. È il momento in cui una delle ragazzine protagoniste – per la tassonomia, siamo all’interno di un teen-horror –, che han già fatto pericolosissime manovre di avvicinamento al “mostro” del titolo, durante un’escursione in campagna si volta a guardare un muro di alberi, perché “sente” qualcosa. La ripresa è dal dietro del soggetto: ci sono lei, i suoi capelli rossi e, di fronte, quella parete verde che per un effetto ottico sembra dilatarsi e all’interno della quale si nasconde non-sappiamo-ancora-bene-cosa. È l’inquadratura più bella, con quel sentore. E l’hanno ovviamente piazzata  nel trailer. Racconta, non solo bene ma benissimo, la solitudine davanti all’inconcepibile, quella vecchia sensazione che sedimenta dentro di noi e che è lì pronta ad azzannarci, come una tigre acquattata tra le fronde. La scena è quasi all’inizio. E tu pensi che, cazzo, stai mettendo piede in un gran film e che sarà come addentrarsi in quella massa scura che si erge dinnanzi ad Annalise Basso. E in un universo parallelo, forse, potrebbe essere anche così…

Creepy-pasta (radice di to paste, “incollare”), una sorta di nuova mitologia dell’era digitale. Ovvero, come dire? dei fabliaux, raccontini a tema horror e spaventoso che vanno accrescendosi e corroborandosi, passando di mano in mano a vari narratori. Un fenomeno interessante che, tanto per dirne una, ha generato le tre ottime serie televisive di Channel zero. Lo Slender-man vien fuori da queste storie internettiane del terrore copiaincolla e ne è un po’ il capostipite. Un uomo alto, filiforme, braccia e gambe lunghe il doppio del normale e una faccia cancellata, un volto amorfo, come – anche se non c’entra nulla –il killer di Sei donne per l’assassino. Vive nei boschi, rapisce bambini e fa loro, verosimilmente, cose orribili. Orco e babau, ma ancora più terrifico per quella sua strana morfologia, completata da giacca e cravatta. Quattro amiche liceali che non sanno che fare la sera, la richiamano, questa agghiacciante silhouhette agghindata come un travet, avviando un video psichedelico su un sito internet (trovateci tutti i riferimenti che vi aggradano, da The Ring in giù, e che sono quasi certamente casuali, schegge akasiche che tutti ormai utilizzano). Lo Slender, come dicono faccia il Demonio, anche quando lo si convoca per ischerzo, risponde sempre…

Soccomberanno una dopo l’altra, Katie, Chloe, Wren e Allie, fagocitate da una presenza lovecraftiana e tentacolata, le cui prerogative sono quelle di abbattere le barriere tra sonno e veglia (rendendo l’onirico reale e il mondo atomico una specie di incubo dove tutto diventa possibile) e di influenzare ogni congegno elettrico – con un’intuizione buona ma lasciata cadere per strada. Sylvain White, il regista, è un francese classe 1971 che nel 2009 finisce sotto contratto con la Warner per The Losers. Ed eccolo qua, nove anni dopo, a dirigere Slender Man. Cosa ci vediamo di buono? La città in cui si ambienta l’incubo sembra la Dunwich di Paura nella città dei morti viventi: stessa desolazione, stesse nebbie, stessa notte eterna. E qui la cosa funziona. Funzionano anche tutte e quattro le petites, specie quella che sopravvive di più, Allie, ovvero Julia Goldani Telles, dopo avere ingoiato la quale, lo Slender continuerà a divertirsi con la sua sorellina. Cosa non ci vediamo di buono? Due cose, sostanzialmente: la numero uno sono gli effetti speciali, per i quali fatevi venire in mente il peggior aggettivo denigrante che possa definire un trucco realizzato in digitale e applicatelo ai tentacoli dell’Uomo snello che si riducono ad essere, purtroppo, delle dotazioni tipo Cthulhu, tramite le quali sfonda vetrate e ingloba disgraziate nei tronchi degli alberi. Mentre la numero due… non c’è una numero due.