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Rosso sangue

1981
Titolo Originale:
Rosso sangue
REGIA:
Joe D’Amato
CAST:
Edmund Purdom (padre greco)
Charles Borromel (sergente Ben Engleman)
George Eastman (Niko Tanopulos)

Il nostro giudizio

Rosso sangue è un film del 1981, diretto da Joe D’Amato.

Come Jason, prima di Jason, l’assassino sanguinario protagonista del film è dotato (da madre natura? A causa di un’esperimento? Non si sa…) di una particolarità genetica che consente alle sue cellule morte di rivitalizzarsi: in poche parole, una macchina sterminatrice indistruttibile. «Era il seguito preciso di Antropophagus», raccontava Massaccesi, «c’era sempre Luigi Montefiori, ritruccato da mostro, che andava in giro a uccidere un sacco di gente». Quello che poi viene effettivamente girato è sì un seguito di Antropophagus, ma allo stesso tempo non lo è, con un effetto lievemente sbalestrante che non si capisce quanto fosse cercato e quanto no. Alle origini greche del killer psicopatico – che entra comunque in scena, in modo autoreferenziale, reggendo la matassa fuoriuscita dei propri intestini, dopo essersi infilzato su un cancello – si fa spesso riferimento; ma in Rosso sangue Niko Tanopulos (nel doppiaggio italiano il suo nome è pronunciato ora Niko ora Mirko mentre l’Imdb lo accredita addirittura come Mikos Stenopolis), non ha più l’aspetto deturpato, teriomorfo, del primo film e, particolare non da poco, non si nutre più di carne umana. In qualche modo, egli è il Male, anzi il Diavolo, visto come scappa con le gambe in spalla da un prete (Edmund Purdom) che è anche microbiologo, il quale lo ha tallonato e braccato dalla madrepatria ellenica – ma i dettagli della faccenda restano oscuri – fino a una piccola cittadina della provincia americana. La location, da un terzo del film in avanti, si rinchiude in una villa; qui, un’adolescente inchiodata al letto, in trazione per problemi alla schiena, e il fratellino (Katya e Kasimir Berger), insieme alla baby sitter (Cindy Leadbetter) e a una dottoressa (Annie Belle), si trovano alla mercé di Tanopulos – il quale, nell’arco di mezza giornata è stato operato per ricucirgli le budella, ha riassorbito ogni cicatrice ed è scappato dall’ospedale, dilaniando nell’ordine: un’infermiera, un macellaio, un motociclista (Michele Soavi) e un cane.

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Antropophagus era più macabro, più gotico, più sporco. Rosso sangue è più stilizzato, meno espressionista. Ciò che non muta è la cifra parossistica della violenza, anche se l’essere stavolta non utilizza soltanto le mani per uccidere: trapani, torni e picconi trapassano e maciullano di preferenza la testa delle vittime, mentre Annie Belle ha il privilegio della morte più atroce ed effettisticamente riuscita, con la testa abbrustolita dentro un forno da cucina – in una scena che non ha mai fine. Gli omicidi non solo sono dettagliatissimi, ma vengono esposti con una ferocia visiva senza pari. Anche nel fulmine in coda, che tira sorprendentemente in ballo il mito classico di Perseo e della Medusa. E Luigi Montefiori ha una splendida resa nella parte del mostro, forse proprio perché del mostro, stavolta, non manifesta nessun paramento o orpello: indossa, quasi per antifrasi, scarpe da tennis, una camicia e pantaloni normalissimi. Però ha un’energia incombente dalla quale nemmeno nel primo film scaturivano effetti così spaventosi. Che si tratti del miglior slasher italiano in senso stretto, assolutamente non ci piove. E a riprova del suo estremismo, fu inserito nel 1984 nella lista dei 74 video nasties banditi dall’Inghilterra.

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Montefiori dice che il film lo girarono tutto di notte, che l’intenzione era quella di fare un seguito di Antropophagus ma che, a conti fatti, Rosso sangue non diventò un sequel vero e proprio «Ari voleva girare questo sequel di Antropophagus, mentre io ero contrario. Mi chiese solo di interpretarlo. Io lessi una specie di trattamento che esisteva, scritto non so da chi, e lo trovai talmente brutto che dissi: “Ok, Aristide, va bene, te lo scrivo io”. E lo riscrissi, di sana pianta, come uno di quei thriller americani, stile Halloween». Originariamente Aristide però aveva un’idea secondo la quale il rapporto con Antrophophagus era molto più esplicito, e dove il mostro cannibale tornava a colpire risorgendo, perlappunto, dalla tomba. Sul set, ad ogni modo, la consapevolezza di dover girare un continuo di Antrophophagus era chiara («Questo era il seguito di Antropophagus, che io però non avevo fatto», dice anche l’aiuto Claudio Bernabei) I tempi di lavorazione furono abbastanza ridotti, nel maggio del 1981. Massaccesi produceva con la sua P.C.M. International e fu in questa occasione che  risultò più significativo l’apporto di  Edward Sarlui, il quale, tramite la compagnia battente bandiera panamense Metaxa Corp. fece da scudo all’operazione. Tant’è che il film non ottenne mai la nazionalità italiana e risulta ufficialmente panamense. Edward Sarlui con la Eureka, avrebbe poi distribuito Caligola la storia mai raccontata, i fantasy e i postatomici massaccesiani, mentre Aristide si ri-girò (più che comprare) i diritti di Rosso sangue e lo distribuì con la sua Cinema 80, società con la quale produceva film porno.