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River of darkness

2011
Titolo Originale:
River of darkness
REGIA:
Bruce Koehler
CAST:
Kurt Angle
Bill Hinzman
Kevin Nash

Il nostro giudizio

Un horror di serie z per i campioni di wrestling Kurt Angle e soci: in River of darkness niente pestaggi e sparatorie, solo la noia a farla da padrona…

Non è per far la parte del solito zoticone con la puzza sotto il naso, ma sul fatto che un regista sia anche sceneggiatore, montatore, addetto alla fotografia, al casting e pure camera operator qualche (lecito) dubbio sulla qualità di un film, così, a prescindere dalla visione, lo si potrà pure avere. Dopo la proiezione, il dubbio diviene atroce certezza. Bruce Koehler, questo mestierante tutto fare col pallino del demiurgo, è peccatore recidivo, in quanto a lui si devono un certo End Game del 2009 e un Death from Above in post-produzione, entrambi con il suo attore feticcio Kurt Angle. Sempre che di attore si possa parlare.

Ma qui si spinge l’acceleratore ben oltre il limite imposto dalla pubblica decenza, perché tutto il cast del film, o quasi tutto, comprende star del wrestling o delle arti marziali che, pur avendo occasione di esibire muscoli bitorzoluti e spendersi in mille prove di forza erculea, vestono tutto il tempo la divisa da tutori della legge. Evitando puntigliosamente scontri, pestaggi o persino una qualche educata rissa da bar. Angle è infatti lo sceriffo di questa cittadina visitata da un serial killer che crocifigge, sventra, infilza, taglia a pezzi ma dove nessuno, però, sembra sconvolto. Anzi, se ne vanno tutti in giro con la faccia svagata, a partire dall’affiatata coppia di sbirri che almeno ci regala le divertenti espressioni di una melanzana nei diversi stadi di cottura. Anche gli altri non sono da meno: macchiette disarticolate che entrano a caso dalla porta di servizio, senza logica né ordine, e senza che intervenga nessuna relazione sociale, affettiva e famigliare a giustificarne la presenza. Poi, quando sono di troppo, finiscono ammazzati.

A parte questo, la sceneggiatura di River of Darkness è talmente delirante da (de)meritare un paio di annotazioni. Viene innanzitutto da chiedersi se lo stellare sceneggiatore/regista abbia mai letto un banale romanzo giallo o se abbia mai intercettato, magari anche per sbaglio, una serie poliziesca alla Law&Order. La domanda è sacrosanta, perché mentre avvengono gli efferati e pittoreschi omicidi, le indagini sono affidate allo sceriffo di contea che, appunto, anziché raccogliere prove e testimonianze, chiacchiera con i pescatori del luogo di antiche leggende. La dimensione giudiziaria è totalmente assente: niente procuratore, niente giudice istruttore, niente scientifica per i rilievi, niente consulte tecniche e tavoli di lavoro. E soprattutto, niente mass media. I giornalisti non accorrono, non affollano i luoghi del delitto per rubare qualche foto o accaparrarsi l’esclusiva, non assaltano le abitazioni, le vie, le piazze, i bar, all’affannosa ricerca di succulente storielle da rivista di gossip. Insomma, questo serial killer sembra davvero sfigato, tanto che gli unici interessati sono tre investigatori del paranormale, e basta. Forse un senso c’è, perché l’assassino, o meglio gli assassini, sono in realtà delle creature ultraterrene, fantasmi di disgraziati ammazzati decenni prima e che adesso urlano vendetta dagli imi degli abissi. Sbucando dalle acque durante la notte, puntualmente ammantati da voluminose nebbie. L’ispirazione ai pirati pazzoidi di The Fog è palese, ma alla fine il pasticciaccio di trucchi, barbe tritoniche e argilloso make-up fa assomigliare i malcapitati più a un video dei Celtic Frost che ad altro. E almeno questo non è un disonore.

E sempre stando in tema, è però doveroso ricordare la presenza di Bill Hinzman, nella particina di Harvey Hix. Ve lo ricordate Hinzman? Il primo, il primissimo zombi “contemporaneo” che molestava, nella scena iniziale della Notte dei morti viventi, la screaming girl Judith O’Dea. Se n’erano perse le tracce già da un po’, e fa uno strano effetto vederselo comparire in questo minestrone, come una reliquia a lungo contesa ma di cui, una volta giunti al dunque, non importa veramente più a nessuno.