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Rabid – Sete di sangue

1977
Titolo Originale:
Rabid – Sete di sangue
REGIA:
David Cronenberg
CAST:
Marilyn Chambers (Rose)
Frank Moore (Hart)
Joe Silver (Murray Cypher)

Il nostro giudizio

Rabid – Sete di sangue è un film del 1977, diretto da David Cronenberg

L’ingresso in società della presenza virale avviene nel 1977 quando David Cronenberg, ancora piuttosto a corto di capitali, decide di provare a mettere ordine nel magma informe e anarchico di Il demone sotto la pelle. Se nel primo lungometraggio gli individui contaminati subivano un distacco incontrollato della psiche, scollegata e preda passiva di un dominio istintuale senza fine, in Rabid – Sete di sangue inizia a emergere il conflitto dialogico tra corpo ed encefalo su base virale. È sempre un mad doctor a iniziare il processo mutante, questa volta all’interno di una clinica ben collocata in un centro urbano. La medicina è ufficialmente coinvolta come matrice disfunzionale, istituzionalizzata e non più affidata a uno scienziato che ha perso il controllo e agito al di fuori dei protocolli. Il dottor Dan Keloid è un principe della chirurgia estetica, altro sintomo – al pari del lusso delle Starliner Towers – di un progresso edonistico disfunzionale e indirizzato al disfacimento. In seguito a un incidente occorso a Rose, il suo intervento di ricostruzione spontanea dei tessuti danneggiati provoca in lei la nascita di un pungiglione in grado di trasmettere, mediante penetrazione, una forma di rabbia incontrollata e per molti versi simile al desiderio carnale di cui erano stati preda i personaggi di Il demone sotto la pelle. Tuttavia Rose è una portatrice sana del virus, ovvero un individuo la cui psiche continua ad agire e a riflettere su ciò che in lei e intorno a lei accade.

Il conflitto drammatico tra desiderio irrefrenabile e senso di colpa raziocinante rende la protagonista di Rabid – Sete di sangue complessa e contraddittoria, in bilico sul crinale tra abbandono al precipizio virale e resistenza attiva alla mutazione. Il suo pungiglione – contenuto fallico in contenitore vaginale – è un evidente simbolo di quell’onnisessualità insinuata dal parassita afrodisiaco e ora deflagrata in un corpo finzionale compromesso e in un corpo attoriale (Marilyn Chambers) prelevato dall’industria del porno (ancora) e messo in scena per la prima volta nella sua valenza drammaturgica. Nel cinema di Cronenberg entra la schizofrenia, la scissione psichica tra corpo e cervello, tra Rose e i comuni infetti, tra la pandemia virale e il tentativo (inutile) della società di arginarla con modalità simili a quelle messe in scena da George A. Romero in La città verrà distrutta all’alba. I luoghi diventano permeabili, i mutanti contaminati (ma anche Rose) diffondono la rabbia percorrendo arterie autostradali e infestando centri commerciali (il consumismo edonistico, di nuovo) che sostituiscono ed espandono i corridoi o le sale riunioni del centro residenziale. La mutazione ha aperto le porte della comunità umana, dilatando a dismisura gli sfinteri del corpo sociale e penetrandovi piuttosto facilmente.

La scienza, ancora una volta, può soltanto osservare inerte i danni da lei stessa provocati, fino a soccombere al virus e abdicare alla bestialità desiderante: Keloid viene penetrato da Rose e diventa un essere sbavante e assetato di sangue umano. Al termine di questa messa a tema, programmatica e consapevole, della propria teoria virale, Cronenberg opera una scelta significativa in quanto ulteriore apertura a successivi stadi di riflessione: Rose, sfinita dalla sua drammatica scissione interna, decide di mettere alla prova le proprie potenzialità distruttrici, penetrando un cliente del residence in cui alberga e restando in attesa delle sue reazioni. Il cliente si risveglia e la uccide, sopprimendo la madre della rabbia dopo esserne diventato figlio. Ancora un residence, dal quale il nuovo contaminato esce per continuare l’opera di diffusione e catastrofe, di morte e rinascita in nuove forme.