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Quel pomeriggio maledetto

1977
Titolo Originale:
The perfect killer
REGIA:
Marlon Sirko (Mario Siciliano)
CAST:
Lee Van Cleef
Robert Widmark (Alberto Dell'Acqua)
Tita Barker (Carmen G. Cervera)

Il nostro giudizio

Quel pomeriggio maledetto è un film del 1977, diretto da Mario Siciliano

Finito in galera dopo una rapina, mentre la sua donna, Krista, e il suo migliore amico scappano insieme, Harry Chapman evade dopo sette anni grazie all’aiuto di un’organizzazione criminale che lo ingaggia al proprio servizio come sicario. Ma quando Harry vuole tagliare i ponti con la gang e si mette sulle tracce di Krista, per saldare i sospesi, un giovane e feroce killer gli viene scatenato contro dai suoi datori di lavoro… Non è film di cui si parli troppo spesso, Quel pomeriggio maledetto, noir di Mario Siciliano alias Marlon Sirko. Anzi non è film di cui si parli proprio. Non perché non ci sia niente da dirne ma perché è difficile, sfugge all’agguanto. Fuori da quanto ne scrive Roberto Curti in Italia odia, per il cartaceo, ci sono, nel web, solo i commenti di qualche user dell’IMDB. Curti non si sbilancia nel dire se sia bello o brutto, pur affermando che la sceneggiatura di Santiago Moncada saccheggia Città violenta ma citando, d’altra parte, un paio di scene molto truci che deporrebbero a favore di un pollice recto. Su Imdb viene invece massacrato senza appello. Ok. Il film – detto subito – ha la caratteristica, intergenere, di gran parte dei Mario Siciliano degli anni Settanta: un’energia propulsiva in rapporto alla quale conta poco che la forma risulti talvolta traballante e che la narrazione sia, qua e là, stentata, confusa o si areni. Siciliano sembra sempre più attratto dai caratteri che dalle storie (anche nelle commedie, comunque da riscoprire, come Una vergine in famiglia) e la truculenza, l’estremo, di certi suoi personaggi si trasforma senza meno in una qualità raggiunta. Come in Quel pomeriggio maledetto o nel coevo, assolutamente sconosciuto ai più, Scorticateli vivi.

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Il “killer perfetto” del titolo inglese (The Perfect Killer) è ambiguo se si riferisca al protagonista Lee Van Cleef – magnificamente frollito e per niente carismatico, uno che dovrebbe avere tutte le pertinenze degli eroi di questi film ma che non avendone nessuna riesce originale e stimolante: troppo vecchio, troppo lento, e vestito con un’improponibile giacca scozzese da impiegato – o all’antagonista Robert Widmark ovvero Alberto Dell’Acqua, un giovane sicario rampante e psicopatico. Sia l’uno sia l’altro danno grandi interpretazioni, sono due fantastici personaggi larger than life, ma soprattutto Dell’Acqua, rarissimo caso di stuntman-attore in grado di essere ugualmente completo nell’una cosa e nell’altra. E quanto sia efficace, Widmark, come presenza, come espressione, come tutto, lo illustrano le scene madri del film: quando Van Cleef lo lascia alla mercé di tre travestiti armati di rasoio che poi lui massacra, quando spara nella vagina di una ragazza con la quale è appena andato a letto, quando ammazza di botte John Ireland in un night dove surrealmente svolazzano ovunque degli uccelli e quando ha il tête a tête finale, prima di sesso e poi di violenza, con Tita Barker, cioè la bella catalana Carmen Cervera: una sequenza su una spiaggia della Costa Brava che esplicita tutta la forza e l’eccesso espressivo di cui un cinema come questo si dimostrava capace.

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La storica Metheus Films di Siciliano produsse con J.P.T. Cinematograficas di Madrid, mettendosi per la prima e unica volta nella sua storia nella condizione di avere, tra gli interpreti, un nome di appeal internazionale come Lee Van Cleef. Il quale andava e veniva dall’Italia dopo Leone, era già entrato in un altro bel film di gangster scritto da Sergio Donati e diretto da Michele Lupo, Dio, sei proprio un padreterno, e girava (Controrapina) e avrebbe girato diversi film d’azione con Margheriti. Siciliano o chi per esso lo usa, però, con qualcosa di squallido e di dimesso che serve a renderlo, come già detto, non stereotipo; e che ci fosse attenzione su questo, che si volesse trattare la figura con guanti speciali, parrebbe dimostrarlo anche il fatto che alla sceneggiatura di Moncada venissero aggiunti dialoghi a cura dello stesso regista e di Stuart Hersh. Dovessimo trovare un paragone anatomico, diremmo che The Perfect Killer è come un nervo o un tendine messo a nudo, pizzicato e fatto vibrare. E somiglia molto a un altro “nero” poco facile, poco agevole da descrivere, ruvido, che sembra non c’entrare niente col cinema poliziesco italiano; un altro film, guarda caso, con Robert Widmark: Il braccio violento della mala di Sergio Garrone.