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Psychosis

2011
Titolo Originale:
Psychosis
REGIA:
Reg Traviss
CAST:
Charisma Carpenter
Paul Sculfor
Ricci Harnett

Il nostro giudizio

A metà strada tra lo slasher e la ghost story, Psychosis è un cortocircuito di assurdità: sviluppa male i propri temi, non conclude gli antefatti e termina nel peggiore dei modi.

L’inizio è un lungo prologo che da solo potrebbe costituire un capitoletto a sé stante. Alcuni ragazzi con faccette inanellate da Leoncavallo e acconciature rasta si accampano nella neve e, per riscaldarsi dal freddo, si titillano con alcol e sesso. Tutti tranne lo sfigato di turno che, poco contento, girovaga per i boschi e trova l’amichetta legata a un albero. Quindi parte il giro di valzer, con uno scimmione che ricorda molto l’Andreas Schnaas del primo Violent Shit che ammazza tutti invasato da una rabbia infernale. La scena non ha nulla di particolare, a dirla tutta è abbastanza noiosa, pare un omaggio allo slasher anni Novanta, una sorta di compendio o di epitome di luoghi comuni, banalità e trovate convenzionali.

Chiuso un paragrafo se ne apre un altro, e allora a deliziare i nostri occhi è la bellissima Charisma Carpenter che, vestiti i panni della scrittrice Susan, si rintana col marito in una casa goticheggiante immersa nella campagna inglese. Ma presto le cose vanno male. Un giorno passeggia per i boschi e sorprende il giardiniere Peck (Ricci Harnett, 28 giorni dopo) nell’atto di fare sesso con una graziosa autoctona. Ma il barbuto figuro se ne accorge e la insegue tra gli alberi fino a quando, messa alla strette, la giovane è costretta a guardargli il pisellone in tiro (pure senza censure). L’uomo, in un momento successivo, negherà l’intera vicenda, facendo passare la sventurata per la matta della situazione.

Il resto è appiccicato così come viene. Mentre le condizioni mentali di Susan peggiorano, il marito la lascia sola in casa per partecipare ai bunga bunga con giovinette in bikini. A quel punto il famigerato Peck le prepara un piatto di funghi soporiferi e, approfittando del deliquio, la mette a pecora e se la chiava. Qui però non si afferra bene la dinamica, perché gli ultimi venti minuti sono rappresentati come una sorta di deformazione onirica della realtà, con flash e allucinazioni frammentarie e scoordinate, stati ipnagogici deliranti ma totalmente privi di un significato narrativo. Strane figure penetrano nell’abitazione, un tizio accoltella un altro ma poi si scopre che era tutto un sogno, strampalati demoni camminano per le stanze fino al prevedibile finale. Si attende inutilmente che i tasselli si incastrino l’uno nell’altro, che il prologo abbia una sua estensione e una conclusione logica, così come per le suggestioni erotiche che, per quanto piacevoli, alla fine stentano ad inserirsi in un disegno diegetico compiuto. Ai titoli di coda, si resta con un fastidioso senso di manchevolezza, in quanto il film di fatto non finisce, si interrompe piuttosto in un punto morto. Dei ragazzi ammazzati all’inizio non si sa nulla, i tradimenti del marito non vengono giustificati, così come non sappiamo nulla circa l’identità del giardiniere, diavolo o umano che sia.

Il soggetto non è nuovo. Psychosis è infatti il remake di Dream House, secondo capitolo del film a episodi Screamtime (1986), scritto e diretto da Michael Armstrong. Per una curiosa coincidenza, si segnala anche un omologo Dream House tra le prossime uscite, per la regia di Jim Sheridan e Daniel Craig e Naomi Watts nel cast: una coppia fugge dalla frenetica vita di città per trasferirsi in una casetta sperduta e tranquilla che, però, è stata teatro di tremendi omicidi. Fortuita combinazione o ulteriore remake?