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Paradox

2009
Titolo Originale:
Paradox
REGIA:
Simon Cellan
CAST:
Tamzin Outhwaite
D.I. Rebecca Flint Emun Elliott
Dr. Christian King Mark Bonnar

Il nostro giudizio

Cinque episodi per la miniserie della BBC che cerca di competere con il fortunato Flashforward di produzione americana.

Durante una tempesta solare, l’astrofisico Christian King dell’osservatorio britannico del meteo riceve le immagini di un incidente che deve ancora avvenire. Una piccola squadra di poliziotti, coordinata dalla detective Rebecca Flint, cerca di decifrare le immagini e cambiare il futuro. Gli inglesi della BBC provano, con questa miniserie di 5 puntate da un’ora cadauna, a realizzare una versione casalinga e low cost del più pubblicizzato Flashforward dell’americana ABC. Gli ingredienti ci sono tutti: personaggi problematici, indizi provenienti dal futuro da decifrare, momenti action alternati a grandi interrogativi su Dio, il libero arbitrio e il destino.

Sebbene le differenze di budget si notino eccome e gli attori non siano il meglio sulla piazza, Paradox riesce a essere un ottimo prodotto d’intrattenimento e a superare in certi momenti il cugino americano (più per demerito di quest’ultimo a dire il vero, visto che quello che si è visto finora si è rivelato una delusione senza attenuanti).La struttura di ogni episodio è standard: il misterioso astrofisico Christian King, con un’ampia gamma di espressioni che vorrebbero creare inquietudine e suscitare interrogativi nello spettatore, riceve delle immagini che sembrano collegate a un incidente mortale. King, convinto che vengano dal futuro attraverso un wormhole temporale, in collaborazione con il ministero della difesa convince una piccola squadra di poliziotti a credere nella sua intuizione e a tentare di prevenire il disastro. Il lavoro di investigazione si sposta quindi sulla detective Rebecca Flint e sui suoi collaboratori Holt e Callum, i quali hanno l’arduo compito, una volta assodato che i fatti descritti dalle immagini accadono veramente, di cambiare il corso degli eventi.

L’efficacia della scrittura, più che nelle interazioni dei personaggi che spesso e volentieri affrontano le situazioni più improbabili con le più inverosimili delle reazioni, sta nella grande gestione del ritmo serrato della puntata. La storia centrale viene infatti spezzettata continuamente da una serie più o meno lunga di sottotrame che inevitabilmente vanno a confluire nell’evento finale, in un climax abilmente orchestrato, cronometrato da un timer alla rovescia che di tanto in tanto appare sullo schermo. Non disturbano neanche i risvolti morali e metafisici che vengono spesso e volentieri innestati nei personaggi: la dubbia provenienza delle immagini dal futuro (“Dio non può parlare con Manchester”), i dilemmi sul potere dell’uomo di intervenire nel progetto divino, la ricerca di cosa sia necessario per avere giustizia (Callum che diventa ossessionato dallo stupratore). E tutto questo non perdendo mai di vista il fine primario della serie, ossia l’intrattenimento: anche se il budget è ristretto, non mancano colpi di scena, azione e incidenti spettacolari. La puntata finale offre un cliffhanger aperto a numerose soluzioni per spalancare le porte a una probabile seconda stagione.