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Murder Party

2007
Titolo Originale:
Murder Party
REGIA:
Jeremy Saulnier
CAST:
Chris Sharp (Christopher S. Hawley)
Sandy Barnett (Alexander)
Macon Blair (Macon)

Il nostro giudizio

Murder Party è un film del 2007, diretto da Jeremy Saulnier

Sei anni prima di emergere con quel gioiello di Blue Ruin, Jeremy Saulnier debuttava con un low budget davvero sorprendente a cui, però, seguì un periodo di inattività conclusosi appunto con il film sopracitato. Il regista, che ha poi proseguito la sua strada con altri meritevoli titoli quali Green Room e il prodotto Netflix Hold the Dark, con Murder Party compie un esordio debordante e dissacrante, sulla falsariga del primordiale Peter Jackson. Ma chi è dunque il Saulnier regista? Forse è proprio così volutamente antiestetico e provocatorio, come la punk band di Green Room che esegue Nazi Punks Fuck Off dei Dead Kennedys di fronte ad un pubblico di suprematisti bianchi? Ancora troppo presto per dirlo, ma è sicuro che andrà tenuto d’occhio per il proseguo della carriera. Il suo primo film sembra avere tutte le stigmate del B-Movie girato con gli amici e pochi mezzi, con quella fotografia rozza (sempre curata da Saulnier) e quell’alone di divertissement che permea tutta la narrazione, ma a un occhio meno distratto il film può rivelarsi in tutta la sua folle genialità.

Il protagonista della storia è l’ingenuo Christopher (Chris Sharp): il giorno di Halloween trova per caso un depliant con l’invito a una festa a tema chiamata appunto “Murder Party”. Pur di non passare la serata da solo decide di costruirsi un’armatura da cavaliere medievale di cartone e recarsi sul luogo indicato sul biglietto. Arrivato sul posto, una fabbrica abbandonata, viene immediatamente aggredito e legato a una sedia dagli altri partecipanti, un gruppo di pazzoidi e sedicenti artisti che hanno organizzato il tutto solo per divertirsi a massacrare chiunque si fosse presentato. Col passare del tempo, però, gli attriti e le discussioni del gruppo prenderanno sempre più piede e Christopher dovrà approfittare delle continue distrazioni per riuscire a salvarsi la pelle. Ciò che tiene incollati allo schermo è proprio questa divagazione: il continuo posporre l’esecuzione del malcapitato protagonista ci permette di conoscere approfonditamente i bizzarri antagonisti che da subito catturano la nostra attenzione, dalla scelta dei travestimenti (la ragazza vestita da Pris di Blade Runner o lo psicopatico con il costume del leader dei Baseball Furies de I guerrieri della notte) al modo di rapportarsi tra loro.

Sciorinando citazioni e termini a loro parere eruditi, gli aguzzini mettono davanti allo spettatore il nocciolo del problema: l’arte come mera ricerca dell’estremo e caotico gioco della fantasia. Nei deliranti dialoghi che precedono il momento più action, Saulnier sembra comunicare il suo assoluto disprezzo per la popolosa categoria di finti intellettuali e geni improvvisati. Mettendo l’accento sulla natura artigianale della sua regia, smaschera i suoi villains come gli irrimediabili coglioni che sono, specie nella parte dove l’inevitabile body count avviene attraverso modalità quasi da Darwin Awards. Il tutto viene sublimato nella carneficina finale, in cui i cadaveri e i muri imbrattati di sangue vengono interpretati da molti come un’installazione eccezionalmente realistica, di fronte allo sbigottimento e alla sconsolazione di Christopher, unico individuo che, dal basso del suo costume di cartone, è ancora capace di distinguere il falso dal vero. Dallo stesso basso dei suoi mezzi, Murder Party arriva dove altri trap thriller si perdono, nella loro eccessiva seriosità e tracotanza, ribadendo che il cinema di genere prima di tutto si fa.