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Menorca

2016
Titolo Originale:
Menorca
REGIA:
John Barnard
CAST:
Tammy Gillis (Claire)
Sheila Campbell (Jenny)
Dorothy Carroll (Brandy)

Il nostro giudizio

Menorca è un film del 2016, diretto da John Barnard

Prima scena, molto promettente. Lei, distesa sul letto bocconi, affogata in una luce rossastra, beve. Mentre uno di fronte, nudo, in piedi, legge un libro. Frontale maschile con pene scappellato in evidenza. Un altro tipo, più giovane, esce dal bagno, sale sul letto, le monta dietro e comincia a leccarle la schiena. Rumore alla porta. «Mio marito e mio figlio!». I due si dileguano. Benvenuti nel mondi di Claire, madre di un putto biondo di otto anni e moglie di un tizio che di mestiere fa l’allenatore di calcio dei bambini. Finito il bagno di luce rossa iniziale, finisce anche l’ipotesi che ci si trovi dentro un film cochon. Peccato, perché lei, Tammy Gillis (brava, canadese come il film, carriera soprattutto televisiva), è una femmina intrigante con il fascino della donna vera e possibile e un taglio di capelli corto, avventuriero, che qui le dona, aggiungendole parecchio. Comunque, i suoi totali nature non li vedremo mai, se non di sfuggita, mentre nuota sola, in una bella scena malinconica, dentro un mare grigio come l’acciaio, fumandosi una sigaretta. Claire fuma molto, come pressoché tutti gli altri personaggi di Menorca, che è stato scritto e diretto da John Barnard, e la cui natura è propria di un dramma indie americano da manuale, con quel ritmo, quelle inquadrature, quella musica, quei caratteri, quelle dinamiche. Cioè, è esattamente quel che ti aspetti che sia. E se lo scegli, vuol dire che cerchi quello. E quello non ti delude. Come un Martini dry bello secco. Che poi magari ti faccia venire voglia di mettere sotto i denti qualcosa che non è compreso nel prezzo, questo è un altro paio di maniche…

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Claire ne ha piene le scatole di tutto. La sinossi della produzione la definisce come “hedonistic”: cioè fuma, beve, scopa. Così, un giorno, mentre si annoia a vedere marito e figlio che corrono dietro a un pallone, monta su una macchina non sua e se ne va. Va, senza meta. Rimorchia uno per strada, ci passa la notte, e questo le ruba macchina e il resto. Il giorno dopo viene presa a bordo da una spogliarellista (Sheyla Campbell) che lavora in uno strano locale, lynchiano, pieno di vecchie mummie che guardano sempre altrove dalle ragazze che si spogliano. Anche questo tutto rosso. E qui Claire si ferma per un po’. Lavorandoci come barista ed esibendosi pure. Ridotta nella forma più banale, si può dire che la donna sta cercando se stessa. Suo figlio, per telefono, le ha detto che è meglio che non si faccia più vedere a casa. Lei porta sempre con sé una pietra,  ricordo della Spagna, e ricordo del suo bambino. La catena degli eventi e le necessità della coproduzione (Canada-Spagna) ricondurranno Claire a Minorca da dove quella pietra disegnata arriva e dove al centro di un labirinto, alla lettera, troverà la risposta ai quesiti che deve sciogliere. La fine, di nuovo americana, è pacificatoria, irenica, su di lei che tira, finalmente, il fiato.

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Menorca è tutto Tammy Gillis, lei lo riempie fino all’orlo, il film: la sua faccia, i suoi movimenti, i suoi occhi, il suo corpo. L’obiettivo di Barnard non la molla un secondo, è innamorato di questa donna che parte sgradevole e carezza contropelo le attese, poi però va smussando gli angoli e si mitiga. Ed è il genere di film, questo, in cui il flusso di coscienza, la voce off della protagonista, non hanno intermissione, e tradiscono il desiderio di entrarle sempre più dentro, negli occhi, nella testa, nel cervello, a una donna così. Va bene, fa parte del gioco indie di cui sopra, è un’opzione del pacchetto. Casomai, è lamentevole che resti disattivata la carica propulsiva che l’inizio promette e che la fisicità del personaggio di Claire reclamerebbe. Metterla vicina alla Campbell senza che nulla succeda, per esempio – Claire va ad abitare con la collega –, è una forma di crudeltà gratuita verso le legittime aspettative di chi guarda. Reveries e ripianti da voyeur nocturniano? Mica tanto, visto che l’unica situazione che parrebbe foriera di sviluppi particolari, quella in cui la Gillis e la Campbell, in bikini, prendono il sole su un prato bevendo birra e fumando, l’hanno usata come locandina, consci del fatto che stuzzica e illude (su quel che poi non c’è).