Featured Image

Marrowbone

2017
Titolo Originale:
El secreto de Marrowbone
REGIA:
Sergio G. Sánchez
CAST:
Anya Taylor-Joy (Allie)
Charlie Heaton (Billy)
Mia Goth (Jane)

Il nostro giudizio

Marrowbone è un film del 2017, diretto da Sergio G. Sànchez.

“Nessuno ci manderà via. Questa casa è nostra!”. Con queste lapidarie parole, pronunciate da una fantasmatica Nicole Kidman ai propri figli, si chiudeva The Others, piccolo gioiellino di perturbazione cinematografica che, pescando a piene mani da Il giro di vite di Harry James, ha consolidato nell’immaginario filmico di un’intera generazione la figura archetipica della dimora (e dei suoi occupanti) quale scrigno inviolabile capace di sopravvivere oltre la morte. Non è dunque un caso se, da più parti, si sia (ri)guardato al folgorante esordio americano di Alejandro Amenàbar per tentare di tematizzare e analizzare Marrowbone, battesimo cinematografico dell’ottimo Sergio G. Sànchez – storico collaboratore di J.A. Bayona per le sceneggiature di The Orphanage e The Impossible, con all’attivo la sola regia del tv-movie Las manos del pianista (2008) – che ci proietta in una torbida e assolata provincia rurale americana di fine anni ’60, nella quale il fulcro dell’intera vicenda si coagula all’interno delle quattro fatiscenti (e, forse, infestate) mura di una magione, teatro di oscuri e inquietanti accadimenti dal sapore sovrannaturale. Ben lontano dai rodati canoni del ghost haunted house classico, Marrowbone illustra la sinistra vicenda di Rose (Nicola Harrison) e dei suoi quattro figli Jack (George MacKay), Allie (Anya Taylor-Joy), Billy (Charlie Heaton) e il piccolo Sam (Matthew Stagg), costretti a lasciare la natia Inghilterra e a rifugiarsi in una casa ereditata in America per sfuggire a un marito e padre violento.

In seguito alla prematura morte della madre, per evitare di essere divisi, i quattro fratelli decidono di stipulare il sacro giuramento di rimanere sempre uniti, barricandosi all’interno della magione e facendo credere a rari avventori esterni che la genitrice sia ancora viva. Nonostante l’incontro con la giovane Jane (Mia Goth) sembri portare un bagliore di luce nella monotona vita familiare, col trascorrere del tempo una strana e inquietante presenza inizia ad aleggiare all’interno dello stabile, un’entità oscura che può essere tenuta sotto controllo soltanto coprendo ogni superficie riflettente. Pur rimanendo fedelissimo al sacro e rinomato filone del cinema di genere ispanico, Marrowbone dimostra chiaramente una forte ascendenza da certa letteratura americana vicina alla poetica tensiva di Stephen King e Robert Bloch, dando vita a quello che potrebbe, a tutti gli effetti, essere considerato come un autentico dramma di paura. Facendo sapientemente leva su torbide e pesanti atmosfere, frutto della splendida fotografia di Xavi Gimènez – la quale richiama il tipico stile desaturato del cinema iberico – e di eccellenti prove attoriali elargite da un cast giovane e fresco, Sànchez plasma in maniera convincente un racconto ricco di turbamenti e di qualche sano spavento, frutto non degli ormai abusati jumpscare ma di un opprimente clima d’indeterminatezza e di strisciante malessere.

Condividendo il medesimo tema della convivenza (sottilmente incestuosa?) di natura fraterna già presente nel gotico Flowers in the Attic, Marrowbone mantiene alto il ritmo narrativo giocando sul potere evocativo dei silenzi, dei rumori e del fuoricampo, stuzzicando sadicamente la fantasia dello spettatore, almeno fintanto che l’inevitabile apparizione dell’entità ultramondana viene ritardata. Forte di un twist finale di tutto rispetto (seppur non totalmente innovativo), Marrowbone si presenta come uno dei pochi prodotti di genere di recente fattura capaci di superare brillantemente l’ormai granitica soglia della sufficienza, lasciando dietro di sé un gustoso sapore di malsana inquietudine, già ampiamente apprezzato durante l’anteprima al Toronto International Film Festival 2017.