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M.F.A.

2017
Titolo Originale:
M.F.A.
REGIA:
Natalia Leite
CAST:
Francesca Eastwood (Noelle)
Clifton Collins Jr. (Kennedy)
Leah McKendrick (Skye)

Il nostro giudizio

M.F.A. Mastering the art of revenge è un film del 2017, diretto da Natalia Leite

Di sovente, ancor più e ancor prima di altre forme espressive, il cinema ha saputo dimostrare la straordinaria capacità d’intercettare – e a volte persino di anticipare – lo sviluppo di determinati eventi e fenomeni legati alla realtà quotidiana, acquisendo agli occhi del fruitore un’aura quasi precognitiva. E così, mentre la patinata industria di Hollywood (e non solo) si trova a dover convivere con le sconcertanti conseguenze a lungo termine del caso Weinstein, ecco che il delicato e scottante tema della violenza sessuale perpetrata dentro e fuori l’universo artistico torna prepotentemente alla ribalta grazie a M.F.A., gelido e spietato thriller drammatico dalle inquietanti venature orrorifiche, diretto con mano salda e spirito dichiaratamente polemico da Natalia Leite, cineasta esperta nel dipingere i turbamenti dell’universo femminile minacciato da diversi fronti. Dopo essere stata barbaramente violentata durante una festa accademica dal coetaneo Luke (Peter Vack) e averne causato accidentalmente la morte, la giovane laureanda in Belle Arti Noelle (Francesca Eastwood) decide di trasformarsi in una spietata vedova nera vendicativa, ritracciando ed eliminando sistematicamente tutti i responsabili di abusi sessuali che si aggirano per il campus universitario nel quale risiede e che godono dell’immunità garantita loro da una soffocante cappa di omertà proveniente nientemeno che dai piani alti dell’élite accademica. Ben presto, tuttavia, le indagini condotte dal detective Kennedy (Clifton Collins Jr.) minacceranno seriamente il suo operato.

DENTRO 2

Questa, in poche e semplici parole, è la vicenda che si snoda con spietata ferocia ed elegante messa in scena all’interno di M.F.A., una pellicola che parte come un (apparentemente) consueto rape and revenge sul modello del glorioso Non violentante Jennifer – ma che risente anche di certe sadiche atmosfere perturbanti ereditate da Thriller – A Cruel Picture e Hard Candy –, per poi virare decisamente verso un dramma psicologico dalle forti tinte omoerotiche, seguendo una linea di analisi e interpretazione del sopruso e del senso di colpa che la sagace Leite aveva già affrontato con grande padronanza sin dagli esordi di Bare (2015). Dipingendo con grande lucidità – e senza la pedante retorica post-femminista – la difficile situazione di abbandono e di vergogna che molte delle vittime di stupro si trovano ancora oggi a vivere nel confronto con l’opinione pubblica, M.F.A. utilizza il filtro estetico-narrativo dell’Arte quale allegoria per figurativizzare la profonda trasformazione interiore che la protagonista Noelle affronta nel momento in cui la presa di coscienza riguardo alla propria condizione si fa palese, facendo leva soprattutto su di una fotografia particolarmente ispirata che offre allo spettatore una confezione davvero impeccabile.

ENTRO 1

Nonostante qualche caduta di tono a livello di sceneggiatura sia certamente avvertibile nel passaggio dalla componente thriller a quella più marcatamente introspettiva, la pellicola riesce persino a dar luogo a una certa gustosa recrudescenza “addomesticata” delle sequenze dei delitti di vendetta, molti dei quali toccano livelli di gore e di erotismo subliminale davvero interessanti e paiono dar vita a una paradossale commistione fra Basic Istinct e Lady Vendetta. In un momento storico nel quale stupro appare purtroppo ancora un termine mal compreso da gran parte della cultura contemporanea, M.F.A. si erge quale piccolo baluardo senza pretese nel descrivere, con toni paradossali e volutamente estremi, i potenziali pericoli di una piaga sociale inopportunamente gestita.