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Left Bank

2008
Titolo Originale:
Linkeroever
REGIA:
Pieter Van Hees
CAST:
Eline Kuppens (Marie)
Matthias Schoenaerts (Bobby)
Marilou Mermans (Jeanne)

Il nostro giudizio

Left Bank è un film del 2008, diretto da Pieter Van Hees.

La riva sinistra del fiume, questo significa il titolo belga Linkeroever, tradotto per il resto del mondo come Left Bank. È la zona della città in cui un tempo finivano confinati tutti i reietti, le streghe, gli assassini ed è per questo che secondo la madre di Marie (Eline Kuppens) è piena di energie malevole. La ragazza alza le spalle, mamma sarebbe pronta ad aggrapparsi al soprannaturale pur di strapparla dal meraviglioso nido in cui è andata a rifugiarsi, in casa del fidanzato Bobby (Matthias Schoenaerts). Pieter Van Hees vuol dirci tante cose con questo film, forse troppe, al fine di recepirle tutte dovremmo passare e ripassare sul fiume di indizi, macerie, presagi, incastri e rimandi. C’è l’intero cinema della persecuzione, della congiura in Left Bank e in fondo a tutto, un pozzo di melma lovecraftiana attende pregustando l’ennesimo sacrificio. Il mondo moderno dei palazzoni e dell’alienazione urbana combatte la pressione dei giganteschi alberi dalle radici polpose. Spesso si susseguono questi quadri paesaggistici dove natura viva e natura morta si rigenerano in un minaccioso amplesso, con i bastioni della civiltà che lottano strenui attorno alla pagana cerchia di antichi rituali che si stringe.

Left Bank sta a Rosemary’s Baby di Polanski come Kill List di Ben Wheatley sta a The Wicker Man di Robin Hardy, anche se nel caso del film di Van Hees il tema della gravidanza è deformato in una via crucis esoterica lontana dal Diavolo cristiano di Levin ma più in sintonia con l’inferno di Arthur Machen (va bene il libro Zwangerschap for dummies ma il sogno del neonato nel bosco, l’assenza di ciclo, il vomito, l’essere cernunniano del finale sanno di Grande Dio Pan) e tutto conduce alla metamorfosi di una donna in un nuovo feto, bozzolo tumido e verminoso che dalla distruzione e la morte del pozzo (sinonimo di vagina mortale ma anche cunicolo verso la rinascita di se stessi) conduce a nuova vita. Polanski c’è anche nell’aria spettrale e minacciosa del condominio in cui Marie vive, la scomparsa della precedente inquilina, l’arrivo di Dirk/Stella (Tom Dewispelaere/Isabelle Adjani)… e poi Roman è nelle festicciole decadenti e alienanti in stile Frantic/Luna di fiele in cui Bobby la trascina sempre più sfiancata e depressa.

Molto di ciò che vediamo su Left Bank lascia interdetti. A volte le immagini coerenti si susseguono ad altre in apparenza fuori contesto. Spesso siamo trascinati nella trappola del sogno con la stessa ignorante fragilità della protagonista. C’è un breve passaggio (prima che Marie si ritrovi con le mutande piene di fuliggine mestruale e un ginocchio deformato da una misteriosa infezione): lei e Bobby hanno fatto sesso per la prima volta. Sembrano una bella coppia e osservarli mentre si avvinghiano e paralizzano in asmatici orgasmi è uno spettacolo dolce e un po’ malinconico. È nato un nuovo amore sul lato sinistro del fiume. Gli amanti sono in casa, sul pavimento che si coccolano, ma lo sguardo del regista ci fa planare su un prato mentre una timida ondata di violini cresce. E da lì si passa a un albero squassato in due esatte metà da qualche fulmine. Le fronde secche sembrano le gambe di una mummia sorpresa dall’eternità durante un parto fatale. Nel mezzo del busto diviso c’è un rigoglio di nuove piantine che al vento ci fanno ciao. È il vecchio adagio che nel mezzo di un cadavere sboccia il fiore, anche se l’arciere Bobby parla di drago che mangia la coda. I suoi genitori sono morti ma secondo lui sono tornati e vivono lontano da qualche parte. Stanno bene, è così che funziona la vita, dice. Marie vorrebbe tanto ricominciare tutto da zero, un nuovo inizio. L’amore con Bobby potrebbe esserlo ma lei non immagina che lui prenderà alla lettera questa sua fantasia e la trasformerà in una cosa reale.