Featured Image

La sculacciata

1973
Titolo Originale:
La sculacciata
REGIA:
Pasquale Festa Campanile
CAST:
Sydne Rome
Antonio Salines
Gino Pernice

Il nostro giudizio

La sculacciata è un film del 1973, diretto da Pasquale Festa Campanile

Dopo sei anni, il matrimonio di Carlo ed Elena entra in crisi poiché l’uomo perde la virilità: i due tentano di risvegliare l’appetito sessuale dell’uomo sperimentando tutti i tipi di perversione. Sembra, senza risultato… C’è una rilevante vena “perversa” – specificata soprattutto in senso sadomaso – che percorre certa parte dell’opera di Pasquale Festa Campanile. È facile ricordare le prodezze di fustigatrice di Fabienne Dalì in La matriarca (1968) e il morboso marchingegno padrona-schiava tra Rosanna Schiaffino e Hydée Politoff di Scacco alla regina (1969). La sculacciata, del ‘73, non è – come La matriarca e Scacco alla regina – tra i lavori più noti di Festa Campanile, che adatta per lo schermo il romanzo di Silvano Ambrogi Neurotandem, sui problemi che in una coppia sopravvengono quando lui si scopre impotente: per stress, per stanchezza psicologica, per quello che in progresso di tempo i salotti televisivi avrebbero cominciato a battezzare, sinistramente, “calo del desiderio”. Più che approfondire i motivi della defaillance, però, i due coniugi – come probabilmente facevano e continuano a fare quanti si trovano in simili distrette della libido – ne prendono atto e meditano strategie di cura attraverso il “modico impiego” di perversioni da introdurre nel rapporto di coppia.

dentro 1

Così, Antonio Salines e la sua più che appetibile sposa Sydne Rome, lasciata Roma, si chiudono in una villa di Tivoli, e colà sperimentano il feticismo, il sadismo, il masochismo, la prostituzione, il ménage a trois, senza purtroppo alcun esito sulla virilità maritale. Che riuscirà a riscuotersi solamente di fronte al rischio che la Rome muoia affogata in una piscina termale, quando – sotto gli occhi dei soccorritori – una respirazione bocca a bocca si trasformerà senza soluzione di continuo in un ricco, ritrovato, amplesso tra i due coniugi. Il film vorrebbe simpaticamente ridere sopra quel “perverso casereccio” che a un certo punto, all’inizio degli anni Settanta, anche i periodici femminili si erano messi a consigliare come contravveleno alle mortali trappole della routine e della noia. Per cui, si comincia dallo spanking – Sydne Rome col culetto schiaffeggiato dal marito diventa poi il manifesto del film, anche se si tratta di un momento tutt’altro che centrale nella storia e La sculacciata è titolo quantomeno fuorviante – e si finisce con lei a cavalcioni di Salines, la stessa immagine conclusiva di La matriarca.

dentro 2

Fatto sta che al di sotto del pelo brillante della commedia – nonostante venga da chiedersi in quale uovo di Pasqua abbiano mai trovato Salines (nel drammatico, altrove, efficace, vedi Matalo!) – corre un erotismo acre e sottile, che arriva persino ad essere conturbante: e questo dovrà dipendere tanto da Sydne Rome, che suggerisce l’idea di una pesca sugosa da mordere, quanto – e più – della malizia ben radicata nell’occhio (registico) di Festa Campanile: perché solo qualcuno che ama visceralmente le donne, ne sa catturare e restituire certi “scorci”, con desiderio. Quel desiderio che anche il pubblico sente. Tra un giochetto sadomaso e l’altro, Salines a un certo punto suscita l’innamoramento di una pecorella, platonico contrappunto alla frase esasperata della moglie: «L’unica vera perversione è non fare l’amore!»