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La mano

1981
Titolo Originale:
The hand
REGIA:
Oliver Stone
CAST:
Michael Caine
Andrea Marcovicci
Annie McEnroe

Il nostro giudizio

Oliver Stone firma un horror allucinato, sorretto da un’ottima sceneggiatura e dagli effetti speciali di Carlo Rambaldi.

Parlare di mani amputate e semoventi significa innanzitutto fare la cronistoria di un vero e proprio filone del cinema, un sotto-genere codificato che, contrariamente alle varie e redivive correnti zombesche e vampiresche, pare caduto nel dimenticatoio. Si tratta più che altro di una serie di film che, per quanto prodotti in epoche diverse e a distanza di decenni l’uno dall’altro, mantengono una genesi sia cinematografica che letteraria comune. L’illustre e sconosciuto predecessore sarebbe il romanzo Le mani di Orlac del francese Maurice Renard, da cui Robert Wiene trasse Orlacs Hände nel 1924, forse la pellicola più citata. La storia non finisce lì, però, anzi si complica, perché di epigoni che, di riffa o di raffa, il film di Wiene l’hanno citato ce ne sono diversi. Mad Love (1935) di Karl Freund con Peter Lorre, per esempio. Lorre compare anche nel remake del remake, The Beast with Five Fingers (1946), tratto questo da un racconto di W.F. Harvey. Gli anni Sessanta, dal canto loro, lasciano spazio ad altre due versioni, Tha Hands of Orlac (1960) con Mel Ferrer e Christopher Lee, e Hands of a Stranger (1962) di Newt Arnold. Inoltre come non citare la scena finale di A Caça (1963) di Manuel de Oliveira? Un ragazzo affonda nelle sabbie mobili e subito si forma una catena umana di paesani che tentano di tirarlo fuori. Strattona, afferra e spingi, morale della favola il primo contadinotto perde la protesti che gli sostituiva la mano e, urlando come un ossesso “a mão, a mão”, cola a picco nel pantano insieme al moncherino. Da brividi.

Tornando a questo di Stone (che comunque è tratto a sua volta da un romanzo di Marc Brandell), il pianista è sostituito da un più americano e rassicurante fumettista, interpretato da Michael Caine. Tutto sembra andare per il meglio fino a quando la moglie Anne (Andrea Marcovicci) non matteggia durante un viaggio d’automobile. La cretina tenta un sorpasso e il marito, fatto scemo e cornuto, ci lascia pure la mano. Dal momento che le cose tra i due vanno sempre peggio (spunta in breve l’amante della donna, un vegetariano buddista nemico giurato dei piaceri della tavola) il consorte offeso si trasferisce in California ad insegnare. Dalla padella alla brace, come da copione. A parte le visioni che lo perseguitano, una mano segata che si diletta a scorrazzare per casa, compaiono altri biechi personaggi, come la studentessa un po’ bagascia (Annie McEnroe) che si fa prima il fumettista e poi quel grassone dell’insegnante di psicologia. E dal momento che il buddista summenzionato era pure psicoterapeuta, tanto basta a far scattare l’ira funesta del nostro disegnatore. Beh, non che lui faccia molto, visto che il suo inconscio delega all’arto disperso i lavoretti sporchi. In breve il gioco sfugge di mano, appunto, e la polizia interviene a frugare per la casa. Lui non voleva farlo, ma la mano posseduta l’ha costretto.
Al suo secondo lungometraggio, Oliver Stone firma un horror allucinato, sorretto da un’ottima sceneggiatura e dagli inquietanti effetti speciali di Carlo Rambaldi. La pellicola, perfettamente equilibrata nei suoi componenti, soddisfa tanto le esigenze degli “stomaci forti”, quanto quelle dei cinefili più smaliziati. Senza mai cadere nel banale o nella violenza gratuita.