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La lama nel corpo

1966
Titolo Originale:
La lama nel corpo
REGIA:
Michael Hamilton
CAST:
Françoise Prévost (Gisèle)
Mary Young (Lizbeth)
Barbara Wilson (Mary)

Il nostro giudizio

La lama nel corpo è un film del 1966 diretto da Michael Hamilton [Lionello De Felice].

Verrebbe voglia di scrivere, di La lama nel corpo – titolo angolofono The Murder Clinic – che si tratta della versione seria e inamidata di quella delizia gotico-pulp di qualche anno più tardi che sarebbe stata La bestia uccide a sangue freddo. Una clinica con pazienti nevropatici, un medico ambiguo (William Berger), una sagoma che si aggira in cappa e maschera facendo fuori a rasoiate le ospiti del nosocomio. Ma, ma… la fuga di una muta, all’inizio, che dalla sua stanza evade nel giardino inseguita dall’ombra nera, ha già come un fremito argentiano.

E a un certo punto, entra a far parte della storia Françoise Prévost, che è una spietata omicida ma regge le parti dell’eroina, prima di sparire – come si dice – ex abrupto. Cioé, le carte in tavola il regista Lionello de Felice – Elio Scardamaglia con cui spesso si fa confuzione era il produttore – riesce a mescolarle bene, per cui non riusciamo più a capire con chi si debba stare. In soffitta cammina, trascinando la gamba, una donna sfigurata, che Willy Berger sta cercando di guarire sperimentando tecniche di trapianto. E questo è FranjuLes yeux sans visage, anche se dato il contesto e il tenore, vien più agevole citare i gotici di Sergio Garrone successivi.

La spiegazione di tutto l’arcano ha del comico, con la caduta da una balaustra di qualcuno che affonda nella calce viva. Nondimeno, possiede un suo perché, e delle bellurie, di sceneggiatura, di recitazione, di ambientazione, che lo distinguono. Rarissimo. La bella colonna sonora è firmata da Francesco De Masi. Beccò il divieto ai diciotto “in considerazione del clima ossessivo che grava su tutto il film imperniato su omicidi a catena commessi da una maniaca, nonché dalle numerose scene di violenza e di uccisioni descritte con abbondanza di particolari e dell’aggirarsi nelle tetre sale di un antico palazzo di una donna con il volto sfigurato”.