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La chicas del cable

2017
Titolo Originale:
Las chicas del cable
REGIA:
Carlos Sedes
CAST:
Blanca Suárez (Alba Romero Méndez "Lidia Aguilar Dávila")
Ana Fernández (Carlota Rodríguez)
Maggie Civantos (Ángeles Vidal)

Il nostro giudizio

Las chicas del cable è una serie tv Netflix del 2017, ideata da Carlos Sedes

Ambienta nella recalcitrante Madrid degli anni ‘20, Las chicas del cable ha come protagoniste quattro straordinarie (per gli anni che correvano) donne: Alba/Lidia (Blanca Suárez), Carlota (Ana Fernández), Ángeles (Maggie Civantos) e Marga (Nadia de Santiago). Giovani donne in cerca di indipendenza e bramose di conquistare la loro libertà, diventano centraliniste per la compagnia telefonica nazionale che ben presto diventerà sede di intrighi, menzogne, amori e amicizie. Las chicas del cable, prima produzione spagnola per Netflix, non osa, ma va sul sicuro. Il tema è quello reiterato dell’emancipazione femminile e di ogni tematica connessa: la violenza tra le mura domestiche, la fuga dalla obsoleta mentalità paesana, il rifiuto della condizione di madre e moglie, l’ambizione, la carriera. I presupposti non mancano, ma i mezzi sono all’altezza? Il consiglio è, per chiunque conoscesse lo spagnolo, di optare per la versione doppiata: le già scarse interpretazioni di alcuni attori, senza il supporto del doppiaggio, sovente vanificano gli sforzi del regista.

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Quanto al tema, se l’obiettivo è quello di fornire una fotografia di ciò che poteva essere il mondo femminile nel periodo in cui le suffragette tentavano con ogni mezzo di stimolare le donne alla ricerca e all’affermazione della propria realizzazione personale, allora nulla da obiettare, ma se la serie si propone come dramma sociale, l’appunto è che non è sufficiente citare Virginia Woolf e regalare gratuitamente al pubblico scene di ménage à trois  cari a Simone De Beauvoir (senza – peraltro – approfondirne le dinamiche) per dare spessore “rivoluzionario” agli eventi narrati. A giocare un ruolo importante, il fascino degli anni ‘20, che supporta la narrazione, senza mai essere decisivo; rigorose le scelte dei costumi, ricercata quella degli ambienti, ma nessun richiamo al swing e al jazz, alla perdizione del decennio. Di fatto nessuna panoramica alla Fitzgerald. Interessanti gli elementi legati all’evoluzione del settore delle telecomunicazioni, alla voglia di ribalta del primo dopoguerra e alla temporanea ripresa che anticipa la Grande crisi.

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Resta la curiosità di scoprire se la prossima stagione di Las chicas del cable (già confermata), considerati gli sviluppi mondiali successivi, sarà in grado di miscelare la storia delle vite di queste giovani protagoniste con la Storia dell’umanità. Sarebbe un grossolano paradosso, date le premesse, scindere questi due elementi, veicolando così – nuovamente – l’idea secondo la quale il mondo e la storia siano “fatti” solo dagli uomini. Last but not least, la serie, nata con l’obiettivo di offrire uno spaccato sulla lotta delle donne, di tanto in tanto, assume la mediocrità dei caratteri delle telenovele catalane, trasfigurandosi in tutto ciò da cui dovrebbe rifuggire: diventa così soap opera, il cui target, fidelizzato di decennio in decennio, resta invariato:  vecchiette e casalinghe, che tra una spolverata e una tisana al thè verde, lasciano il mondo nelle mani degli uomini perché loro sono troppo impegnate a domandarsi se “lei” sceglierà Don Francisco o Don Carlos. In tal caso basterebbe modificarne il titolo in “Impeto d’amore”, “Terra di cuori” o “Cuori in tempesta”.